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Prorogata la mostra su Demetrio Stratos a Palazzo Malagola

La mostra dedicata a Demetrio Stratos allestita a Palazzo Malagola tornerà dall’8 gennaio fino al 31 gennaio

 

L’esposizione AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979, è curata dai due co-direttori di MALAGOLA Centro di ricerca vocale e sonora, Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi

La mostra AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979 allestita a Palazzo Malagola è terminata il 22 dicembre, ma tornerà a partire dall’8 gennaio fino alla fine del mese. A seguito dell’alta affluenza e della grande richiesta si è infatti pensato di riaprirla da lunedì 8 gennaio a mercoledì 31.

La mostra è curata dai due co-direttori di MALAGOLA, Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari, e riguarda la presentazione – in forma espositiva – di una selezione di materiali dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito a dicembre 2022 dal Comune di Ravenna, con co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente da Daniela Ronconi Demetriou – vedova Stratos – e ha trovato in MALAGOLA un luogo ideale di conservazione, fruizione e valorizzazione. Si tratta di un fondo che rappresenta il primo, fondamentale nucleo in espansione di un patrimonio di rilevanza primaria tanto nell’ambito della ricerca vocale e sonora, quanto in quello degli archivi d’artista. Un fondo costituito dalla documentazione raccolta dapprima da Demetrio Stratos nel corso della sua attività e, successivamente alla sua scomparsa, da Daniela Ronconi Demetriou. Spaziando dalla documentazione audiovisiva di performance, lezioni e concerti agli appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, dai materiali che ripercorrono gli stretti legami con altri artisti – John Cage su tutti – alle stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, da strumenti musicali a oggetti, cimeli e capi d’abbigliamento, da libri e dischi in vinile a manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, dalle copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca alla rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, le centinaia di materiali differenti che compongono l’archivio restituiscono in modo tangibile la stratificazione, la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Stratos, aprendo a tracciati di lettura e di ricerca differenti e anche inediti.

La stanza di ascolto immersivo @ Marco Caselli Nirmal

ORARI DI VISITA

La mostra è ad ingresso gratuito. Orari di visita dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00 (domenica solo al mattino). Per informazioni info@malagola.eu tel. 348 1382632

MALAGOLA – ideato e diretto da Ermanna Montanari (fondatrice e direzione artistica delle Albe) e da Enrico Pitozzi (studioso e docente dell’Università di Bologna) – è il Centro internazionale di ricerca vocale e sonora che sviluppa a Palazzo Malagola, in forte relazione con il Teatro Rasi, e nel quadro della progettualità delle Albe/Ravenna Teatro, attività di ampio respiro tra loro connesse: una scuola di vocalità e di studi sul suono, archivi sonori e audiovisivi, il “Collegio Superiore di Estetica della Scena” che promuove partnership editoriali, incontri, seminari, performance, concerti. MALAGOLA ha ricevuto il Premio Ubu 2022 come progetto speciale e il Premio Radicondoli 2023.

Palazzo Malagola si trova a Ravenna in via di Roma 118.

“La trasparenza totalitaria”, recensione su “Il Terzo Reich” di Romeo Castellucci

LA STAGIONE DEI TEATRI 2023-2024

 

In occasione de Il Terzo Reich, in scena  per La Stagione dei Teatri 2023/2024 venerdì 15 dicembre 2023 alle ore 21:00 e sabato 16 dicembre 2023 alle 17:00 e alle 19:00, al Teatro Rasi, proponiamo la recensione di Federico Ferrari “La trasparenza totalitaria” sullo spettacolo di Romeo Castellucci, pubblicata su antinomie.it.

 

Quando negli anni Trenta Victor Klemperer lavora al suo monumentale LTI (Lingua Tertii Imperii), analisi di sconvolgente acutezza delle storture semantiche e delle forzature linguistiche messe in atto dal Terzo Reich sulla lingua tedesca, l’Europa è sprofondata in una delle fasi più acute di diversi totalitarismi, da quello di stampo fascista a quello sovietico. Anzi, si può dire che Klemperer, attraverso una forma di filologia politica, mostri la genesi del totalitarismo, cioè di quella forma politica onnipervasiva che, nella sua visione totalizzante dell’esistente, arriva a minare la struttura stessa della comunicazione, portando la dimensione politica all’interno stesso della lingua. Lo stravolgimento della lingua quotidiana, l’affermazione di parole d’ordine incentrate sul Volk, la dimensione simbolica delle parole, fino alla tipizzazione dei caratteri, si configura, nelle pagine dei taccuini di Klemperer, come una forma estrema di ristrutturazione dello spazio pubblico e del suo senso. I totalitarismi novecenteschi sono l’estremo nostalgico esperimento di una rifondazione di senso, nello spazio nichilistico della società tardo ottocentesca e primo novecentesca. In fondo, l’allora cinquantacinquenne filologo ebreo, estromesso dall’università e non incluso nelle liste per la soluzione finale solo perché sposato a una ariana, registrava i segni o i sintomi di una battaglia per l’affermazione di una nuova dimensione del senso all’interno della più profonda e strutturante delle dimensioni metafisiche, il linguaggio. Martin Heidegger, negli stessi anni, aveva creduto di poter combattere la medesima battaglia all’interno del linguaggio, proprio accodandosi al nazionalsocialismo, visto come ultimo baluardo possibile al nichilismo. Il totalitarismo novecentesco è questo estremo e nostalgico tentativo.

Assistendo allo spettacolo di Romeo Castellucci, dal titolo Il Terzo Reich, ispirato in parte al testo di Klemperer, si ha la sensazione che gli anni Trenta siano, per tanti versi, dietro di noi ma, per alcuni, davanti a noi. In modo martellante ed estremamente irritante, su uno schermo nero, scorrono la quasi totalità dei sostantivi della lingua italiana, circa quattordicimila parole. La musica di Scott Gibbons fa assumere al ritmo di apparizione e scomparsa delle parole un senso vertiginoso. L’occhio riesce a fatica a riconoscere i lemmi. Lo spettacolo è frastornante. Si resta, dapprima, incollati con gli occhi allo schermo, cercando di afferrare il maggior numero di parole possibili. Ma lo sforzo per stare al ritmo fa montare un senso di insofferenza, che aumenta sempre più con il passare dei minuti. Il livello d’attenzione fatica a mantenersi. Lentamente, ma inesorabilmente, si cede. Le parole diventano segnali luminosi. Quasi immagini prive di significato. Ci si fissa, talvolta, su alcune lettere. Si arriva sino a provare un certo piacere estetico per la forma della parola. Ma tutto scorre. Ci si arrende. Si lascia che le parole si svuotino di significato. Si è quasi anestetizzati. Non c’è più alcun senso. L’intero insieme dei sostantivi si fa evanescente. Il linguaggio è svuotato di ogni sostanza. Si resta pietrificati e anestetizzati spettatori passivi di uno spettacolo senza senso.

Castellucci, come spesso gli accade, crea immagini, anzi, visioni. Anche questa volta riesce, in modo ossimorico, a rendere visibile l’invisibile totalitarismo dei nostri anni: il martellante flusso di significati che svuota di senso ogni cosa. Un totalitarismo della comunicazione globale e permanente che vorrebbe definire ogni cosa, rendere ogni cosa a una sua identità separata e definita, ma che ottiene o persegue esattamente il risultato opposto: nulla ha più senso per eccesso di significato, per eccesso di informazione, per eccesso di velocità del flusso di immagini che ci colpisce senza tregua. 
Il totalitarismo degli anni a venire sarà quello che già muove i suoi passi nella rete infinita, capillare e sempre più potente dell’informazione, cioè, di una parola ridotta a puro mezzo, veicolo di notizie. Un totalitarismo dai caratteri diametralmente opposti a quelli novecenteschi. Quello era un totalitarismo oscurantista, il nostro un totalitarismo dell’eccesso di luce, un totalitarismo della trasparenza assoluta.
Il prologo dello spettacolo mostra una sorta di scena primaria, di danza rituale che porta una figura spettrale a spezzare, con impietosa forza, una colonna vertebrale umana. Una volta spezzato il corpo umano, ciò che lo regge, non c’è più testimone. Per qualche minuto, la colonna resta illuminata ai piedi dello schermo. Poi, senza che nessuno vi presti davvero attenzione, cade nell’ombra. Non solo non c’è più alcuna figura umana, ma nemmeno la traccia della sua messa a morte. Non resta che il flusso intangibile di parole prive di significato, parole disincarnate, pura virtualità. Non resta che l’estetizzazione anestetizzante del linguaggio.

Parola senza corpo ma anche parola senza estasi possibile. Solo l’inutile affannarsi dello sguardo nel tentativo di afferrare un significato che immediatamente scompare, soppresso da quello successivo. Flusso inarrestabile che tutto travolge. Alla fine, alla fine di tutte le parole, non resta che il buio, la notte più profonda del senso. Forse è proprio nella profondità di questa notte, in questa oscurità senza più suoni né luci che occorre cercare per trovare vie di fuga e di resistenza al flusso ininterrotto e distruttore. Forse in questa tenebra, che si pone agli antipodi dello spettacolo iperluminoso del nuovo totalitarismo, si dà ancora o di nuovo la possibilità di un’altra luce, di una luce nera e resistente, fatta di carne e di corpi, dove la dimensione del senso è ancora possibile. O forse no. Forse siamo tutti così accecati da non vedere più la gabbia che ci contiene. Forse pensiamo davvero, in una forma di euforia da shock, di essere liberi sotto il giogo della più totalizzante delle forme sociali che la storia dell’umanità abbia conosciuto.

 

Inaugurata la mostra dedicata a Demetrio Stratos e ai materiali del suo Archivio

L’esposizione “AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979”, curata dai due co-direttori di MALAGOLA Centro di ricerca vocale e sonora, Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi, rimarrà aperta fino al 22 dicembre

Ermanna Montanari, Enrico Pitozzi, Mauro Felicori e Fabio Sabaraglia @Marco Caselli Nirmal

È stata inaugurata ieri a Palazzo MALAGOLA la mostra dal titolo AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979, curata dai due co-direttori di MALAGOLA, Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari, che riguarda la presentazione – in forma espositiva – di una selezione di materiali dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito dal Comune di Ravenna grazie ad un co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna. L’inaugurazione è stata preceduta, alle 15:00, da un seminario-tavola rotonda promosso in collaborazione con MAR, Museo d’Arte della Città di Ravenna (in via di Roma 13) e ospitato in sala Martini, dal titolo Demetrio Stratos: il microcosmo della voce. L’incontro, coordinato da Marco Sciotto, è stato curato dal centro di ricerca MALAGOLA con l’obiettivo di illuminare alcuni aspetti della sperimentazione vocale di Demetrio Stratos. A portare i saluti istituzionali sono stati l’assessore regionale alla Cultura e Paesaggio dell’Emilia-Romagna, Mauro Felicori, e l’assessore del Comune di Ravenna Fabio Sbaraglia. L’introduzione è stata curata da Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari e ha visto la partecipazione delle eredi Daniela Ronconi Demetriou e Anastassia Demetriou. Diversi gli interventi che si sono susseguiti, a partire da Enrico Pitozzi, Franco Masotti, Janete El Haouli, Marco Sciotto, Dario Taraborrelli. Testimonianze di Silvia Lelli, Oderso Rubini, Paolo SpedicatoL’Archivio Demetrio Stratos è stato acquisito a dicembre 2022 dal Comune di Ravenna, con co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente da Daniela Ronconi Demetriou – vedova Stratos – che lo ha fino a quel momento custodito e ha trovato in MALAGOLA un luogo ideale di conservazione, fruizione e valorizzazione. Si tratta di un fondo che rappresenta il primo, fondamentale nucleo in espansione di un patrimonio di rilevanza primaria tanto nell’ambito della ricerca vocale e sonora, quanto in quello degli archivi d’artista. Un fondo costituito dalla documentazione raccolta dapprima da Demetrio Stratos nel corso della sua attività e, successivamente alla sua scomparsa, da Daniela Ronconi Demetriou. Spaziando dalla documentazione audiovisiva di performance, lezioni e concerti agli appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, dai materiali che ripercorrono gli stretti legami con altri artisti – John Cage su tutti – alle stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, da strumenti musicali a oggetti, cimeli e capi d’abbigliamento, da libri e dischi in vinile a manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, dalle copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca alla rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, le centinaia di materiali differenti che compongono l’archivio restituiscono in modo tangibile la stratificazione, la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Stratos, aprendo a tracciati di lettura e di ricerca differenti e anche inediti.

Alcuni oggetti in esposizione @Marco Caselli Nirmal

Durante il primo anno di lavoro sui materiali del fondo, si è proceduto con il loro graduale riordino, inventariazione e digitalizzazione (quest’ultima a cura di Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna) e questa mostra rappresenta il primo movimento di un percorso di valorizzazione, che proseguirà con le altre attività di Malagola. Nel corso del 2024 i materiali potranno essere accessibili a tutti coloro che ne faranno richiesta, in modo che un simile patrimonio possa essere realmente un bene a disposizione di studiosi, artisti, curiosi, ricercatori e di chiunque voglia entrare in relazione con la figura e con i processi artistici di Demetrio Stratos.

Venendo alla mostra, la ricerca vocale di Stratos, insieme ai materiali che la testimoniano, mettono in luce gli aspetti inauditi della sua sperimentazione, restituendo il profilo di una figura artistica prismatica e insofferente alle definizioni, lontano tanto dalla “scena ufficiale” del rock o del pop quanto da quella d’autore di quegli anni. La traiettoria della sua ricerca, se non si fosse spenta prematuramente nel giugno del 1979, avrebbe generato nuove forme sonore per inedite esperienze d’ascolto.

Immagine degli spazi espositivi @Marco Caselli Nirmal

“Ciò che ci resta, tuttavia – osservano Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi – è la traccia di una sperimentazione vocale che eccede il piano espressivo e si dispone invece come un ‘esercizio spirituale’, come una particolare forma della ‘cura di sé’, ricerca incessante del proprio stare rispetto al mondo. Nel comporre in voce, per Stratos, l’orecchio sembra tornare ad essere ciò che è sempre stato, vale a dire l’organo della profondità interiore: ciò che rileva e capta il mondo per tradurlo e chiamarlo nella voce. Solo così la voce può tornare ad invocare l’inatteso, anche se questo è sempre stato lì, intorno a noi, impercettibile per distrazione. L’esercizio di questa sublime forma d’attenzione, che mai separa la gioia dell’apparire delle cose dall’angoscia della loro scomparsa, richiede allora un corpo timpano, un corpo prisma, capace di intendere aree sonore impercettibili e intermittenti restituendole in canto. Quel canto che vi invitiamo qui ad ascoltare”.

La mostra dei primi materiali d’Archivio, che si protrarrà fino al 22 dicembre, prevede, nella serata di sabato 16 dicembre, alle ore 20.30, nella sala Martini del Museo d’arte della città di Ravenna, la proiezione del film La voce Stratos (Italia, 2009, 110 minuti), regia di Monica Affatato, Luciano D’Onofrio. Al termine della proiezione Marco Sciotto coordinerà il dialogo con gli autori.

Immagine degli spazi espositivi @Marco Caselli Nirmal

ORARI DI VISITA

La mostra è ad ingresso gratuito. Orari di visita dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00 (venerdì 8 dicembre e domeniche solo mattina). Per informazioni info@malagola.eu tel. 348 1382632

L’Europa non cade dal cielo. Cronistoria sentimentale di un sogno

Si intitola L’Europa non cade dal cielo. Cronistoria sentimentale di un sogno, di un’idea, di un progetto lo spettacolo, produzione teatrale Ravenna Teatro, realizzato nell’ambito del progetto EuRoPe LIVE, promosso dal Centro Europe Direct della Romagna del Comune di Ravenna. Lo spettacolo, ideato e diretto da Alessandro Argnani, è un racconto a due voci che ha come nucleo centrale l’Unione europea, a partire proprio dalla sua nascita fino ad arrivare ai giorni nostri. Due giovani attori ravennati, Camilla Berardi e Massimo Giordani, percorreranno la storia d’Europa.

Quella che emerge, è una narrazione corredata da immagini e costellata da una playlist musicale legata ai diversi periodi storici raccontati, in un intreccio che mette in luce l’immaginario e gli ascolti delle giovani generazioni nei diversi momenti della vita dell’Unione europea. Un affondo non solo nella storia, ma anche nei miti e negli ideali vissuti da generazioni di giovani in tutta Europa. Testo di Laura Orlandini, con consulenza storica di Michele Marchi e Lucrezia Ranieri. Consulenza musicale Alessandro Luparini e Roberto Magnani, video Alessandro Penta, assistente alla regia Alice Cottifogli.

 

“Il progetto mira all’utilizzo del linguaggio teatrale come mezzo di divulgazione storico-civica sull’Unione europea, dando risalto ad avvenimenti importanti relativi alla partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni europee nonché al ruolo delle donne nel processo d’integrazione: percorriamo strade innovative e coinvolgenti per avvicinare giovani e grande pubblico ai temi europei – afferma Annagiulia Randi, assessora alla Politiche Europee del Comune di Ravenna – questa è una nuova sfida che intende valorizzare anche le energie creative della nostra città”.

“L’Europa non cade dal cielo si ispira a Storie di Ravenna, rassegna che unisce la voce di studiosi ed esperti ai tempi e al linguaggio teatrale – sottolinea il regista Alessandro Argnani -. Grazie a questo progetto abbiamo lavorato con un’ampia rete di Enti del territorio e con l’Università di Bologna, Dipartimento di beni culturali. L’obiettivo è quello di creare un’opera in grado di raccontare le intuizioni e i sacrifici di quelle donne e di quegli uomini che hanno fatto sì che l’Europa potesse ambire a diventare un’unica, grande, realtà”.

“Cos’è l’Europa, e cosa è stata, per generazioni di giovani che l’hanno attraversata e vissuta? – si chiede Laura Orlandini, autrice del testo -. Abbiamo voluto provare a raccontare l’integrazione europea attraverso le vite delle persone: un decennio alla volta, un percorso di avvicinamento e di contraddizioni, di culture condivise e di conflitti, di grandi trasformazioni economiche e sociali. Cercando di raccontarne anche le spaccature, i nodi dolenti, e quelle reti di scambio formate dalle persone in movimento, dalle idee in circolo, dalle necessità della vita e dai sogni di cambiamento. Partendo dalle origini, nella spinta ideale sorta tra le macerie della guerra, fino all’oggi carico di interrogativi. Tutto osservato attraverso gli occhi di due ventenni, simbolo della generazione che sempre è protagonista più viva della storia”.

A partire dall’11 dicembre sono in programma le repliche in matinée rivolte in particolare (ma non esclusivamente) a scuole medie, superiori e studenti universitari. Ogni rappresentazione (durata di 55 minuti – atto unico) sarà accompagnata da un momento di dialogo tra il pubblico, il regista, gli attori, il team del progetto EUphoria (coordinato dalla cooperativa LibrAzione, anch’esso in collaborazione con Regione Emilia-Romagna e Centro Europe Direct della Romagna) e la partecipazione di volta in volta di esperti e rappresentanti istituzionali.
Questa proposta, unica nel suo genere, è il frutto della collaborazione tra l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, l’Unione della Romagna faentina, i Comuni di Bagnacavallo, Cervia, Russi e Faenza, volontarie e volontari della campagna MoreIn24 del Parlamento europeo, del Servizio Civile Universale e di svariate associazioni.

Queste le date e le città toccate:
11- 12 dicembre: Teatro Rasi, Ravenna ore 11:00
13 dicembre: Teatro Walter Chiari, Cervia ore 11:00
15 dicembre: Teatro Comunale, Russi ore 11:00
20 dicembre: Teatro Goldoni, Bagnacavallo ore 10:00
23 dicembre: Teatro Masini, Faenza ore 10:45

Il 21 dicembre, invece, lo spettacolo va in scena al Teatro Rasi alle ore 21:00.
Per info. e prenotazioni: 333 760 5760
volontari@ravennateatro.com

A Natale regala il teatro

REGALA IL TEATRO

In occasione delle festività natalizie, Ravenna Teatro suggerisce un regalo originale: uno spettacolo de La Stagione dei Teatri da mettere sotto l’albero. Il giallo di Agatha Christie, Trappola per topi, con protagonista Ettore Bassi, il testo nato dalla penna di Viola Ardone, Oliva Denaro, che vede in scena Ambra Angiolini, e un classico come La Locandiera di Carlo Goldoni, rivisitato da uno dei registi più visionari di oggi, Antonio Latella, possono diventare un regalo per il prossimo 25 dicembre.

 

ABBONAMENTO UNDER 26

Sempre durante il periodo natalizio è inoltre in vendita uno speciale abbonamento dedicato agli under26 che comprende otto tra i titoli della seconda parte della Stagione: Trappola per topi, Antonio e Cleopatra, La faglia, Oliva Denaro, La Locandiera, Barabba, 7-14-21-28, Le vacanze.

Il costo è di 50 € per ogni settore del teatro in base alla disponibilità dei posti.
L’abbonamento si può acquistare fino al 21 dicembre e giovedì 11 gennaio esclusivamente presso il Teatro Rasi su appuntamento (info tel. 378 3046661 e biglietteria@ravennateatro.com).

Al Socjale: riparte dal 4 dicembre la rassegna al Teatro Socjale di Piangipane

Inizia a partire da lunedì 4 dicembre una serie di cinque spettacoli che prevede anche due appuntamenti tra teatro e sport

Ravenna Teatro continua la collaborazione con il Teatro Socjale di Piangipane e propone, fino ad aprile, cinque appuntamenti tra cui due legati dal rapporto tra teatro e sport. Si comincia il 4 dicembre alle 20:00 con Cuori di terra. Memoria per i sette fratelli Cervi, uno spettacolo dedicato ai valori della Resistenza inserito nella programmazione del Comune relativo alle celebrazioni per il 79esimo anniversario della Liberazione di Ravenna, a cui seguirà un confronto tra la vicepresidente dell’Anpi nazionale, Albertina Soliani, e la parlamentare Ouidad Bakkali, coordinato dal giornalista Andrea Tarroni. Il mese di gennaio vedrà il debutto, dal 15 al 20, sempre alle 20:00, di Saturno figlio d’Anarchia, spettacolo ideato da Cesare Albertano e Luigi Dadina dedicato ad un intellettuale ravennate scomparso prematuramente, Saturno Carnoli, che ha speso la sua vita tra politica, arte, ricerca storica e insegnamento. L’8 febbraio il regista Eugenio Sideri porterà in scena E vént de cuntrêri, con Gianni Parmiani e Tania Eviani, musiche originali Andrea Fioravanti, produzione Lady Godiva Teatro. Orario inizio spettacolo ore 21:00.

TRA TEATRO E SPORT

A partire da marzo 2024 gli ultimi due spettacoli ospitati dal Teatro Socjale di Piangipane saranno all’insegna dello sport: il 5 marzo la regista Laura Curino proporrà Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce, performance tratta dal romanzo di Federica Seneghini e Marco Giani. Una storia che ha anche radici ravennati, in quanto una delle protagoniste della prima squadra di calcio femminile italiana, Luisa (detta Gina) Boccalini, di cui si parla nel libro, è stata la nonna dei ravennati Marco Bonitta – il commissario tecnico che ha guidato l’Italia femminile alla prima vittoria del Campionato Mondiale – e Silvia Bonitta, insegnante di inglese a Ravenna.

Il 19 aprile toccherà invece a Gianfelice Facchetti, scrittore e regista teatrale, figlio di Giacinto Facchetti, storico giocatore dell’Inter e della Nazionale – con La tribù del calcio, adattamento teatrale del saggio di Desmond Morris (entrambi gli spettacoli inizieranno alle ore 21:00).

“Continuiamo a portare avanti con grande soddisfazione – osserva Marcella Nonni, co-direttrice di Ravenna Teatro – una Stagione che contribuisce ad animare il Teatro Socjale di Piangipane. Diversi i temi trattati, che comprendono anche un omaggio alla figura dell’intellettuale Saturno Carnoli con un nuovo debutto di Ravenna Teatro. Si tratta perlopiù del ritratto di personaggi, dai fratelli Cervi alle giovani calciatrici che sfidarono il regime fascista, intrecciato ad un ideale percorso che unisce teatro e sport. Questi due ambiti hanno molti punti in comune: entrambi, infatti, sono legati al rito e sono portatori di una funzione pubblica”.

PROGRAMMA

Lunedì 4 dicembre ore 20:00
TeatrO dell’Orsa


Cuori di terra. Memoria per i sette fratelli Cervi

Ad un uomo che domanda come si possa prevenire la guerra, la scrittrice Virginia Woolf risponde: “Occorre narrare biografie”. La vicenda dei Cervi, e del suo esito tragico, rappresenta quella di tante famiglie emiliane e del cammino di emancipazione di un popolo che inizia sul finire del 1800 e si manifesta con l’antifascismo e la Resistenza.

Lo spettacolo è inserito nella programmazione delle celebrazioni per il 79° anniversario della Liberazione di Ravenna. Al termine seguirà l’incontro con Albertina Soliani, vicepresidente Anpi nazionale, e la parlamentare Ouidad Bakkali

Da lunedì 15 a sabato 20 gennaio ore 20:00
Luigi Dadina /Albe

Saturno, figlio d’Anarchia

Il ricordo di un intellettuale ravennate, Nino Saturno Carnoli, che ha speso la sua vita tra politica, arte, ricerca storica e insegnamento. Una figura poliedrica, una voce critica che non si è mai stancata di gettare semi di riflessione indagando le perplessità di un presente sempre vissuto appieno. Un rito della memoria, un cerchio unico per attori e spettatori, tutti immersi nella stessa luce.

Giovedì 8 febbraio ore 21:00
Eugenio Sideri / Lady Godiva Teatro



E vént de cuntrêri

Vént è un lungo sonno, una notte trascorsa tra sogni e incubi, di quelle in cui giuri di essere sveglio, ma poi ti accorgi che non era vero. Una ballad romagnola dai contorni che sfuggono, un po’ come in certi quadri dove la linea è tracciata quasi in una sbavatura delicata. Visioni che ci accompagnano nella nebbia, con i piedi che affondano tra acqua e terra.

Martedì 5 marzo ore 21:00
Laura Curino


Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce

Audrey Hepburn
 
1932. Decimo anno dell’era fascista. Sulla panchina di un parco di Milano un gruppo di ragazze lancia un’idea: giocare a calcio. Una sfida al loro tempo, al regime, alla mentalità dominante che vedeva nel calcio lo sport emblema della virilità fascista. Un racconto che, mischiando comicità e narrazione, dimostra come certi pregiudizi siano duri a morire.

Venerdì 19 aprile ore 21:00

Gianfelice Facchetti

La tribù del calcio

Figlio di Giacinto Facchetti, storico giocatore dell’Inter e della Nazionale, Gianfelice racconta lo sport più popolare del mondo utilizzando le categorie dell’antropologia e spiega come l’uomo si sia trasformato da cacciatore a calciatore. Mescolando teorie e aneddoti sul calcio, ne esce un ritratto più umano di quello che le cronache rimandano, destinato a durare nel tempo.

INFORMAZIONI E BIGLIETTI

Intero 12 euro
Ridotto* 10 euro
 

*under 30, abbonati a La Stagione dei Teatri, residenti a Piangipane.
Ingresso unico 5 euro spettacoli de La Stagione dei Teatri – Famiglie e Scuole

I biglietti sono in vendita sulla BIGLIETTERIA ON-LINE, presso il Teatro Rasi il giovedì dalle 16:00 alle 18:00 e al Teatro Socjale da un’ora prima dello spettacolo.

Ravenna Teatro tel 0544 36239 / 333 7605760
promozione@ravennateatro.com

È possibile prenotare una porzione di cappelletti al termine degli eventi al costo di 8 euro al 333 7605760
Il Teatro Socjale si trova in via Piangipane 153 a Piangipane (Ravenna)

 

La rassegna è organizzata con il supporto del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune di Ravenna, Coop Alleanza 3.0, Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna, Assicoop Unipol Sai, Reclam, Ottima, Bcc ravennate, forlivese e imolese, Cna, Reclam

e in collaborazione con Mar, Accademia Perduta Romagna Teatri, Assitej Italia, Small Size Network, Paft, Istituzione Biblioteca Classense.

Media Partner: Il Resto del Carlino, Corriere Romagna, Ravenna Notizie, Ravenna Web Tv, Pubblisole, Ravenna e Dintorni,  Ravenna24ore, Setteserequi

“AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO”. Mostra dedicata a Demetrio Stratos

Doppio appuntamento – mercoledì 6 dicembre alle 18:00 – per la mostra dedicata a Demetrio Stratos e ai materiali del suo Archivio conservati a Palazzo MALAGOLA a Ravenna

L’inaugurazione della mostra AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos [1970-1979], curata dai due co-direttori di MALAGOLA Centro di ricerca vocale e sonora, Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi, sarà preceduta, dalle 15:00 alle 18:00, da un seminario-tavola rotonda ospitato al MAR. Il 16 dicembre è prevista la proiezione del film La voce Stratos

Demetrio Stratos durante la registrazione in solo dal titolo Metrodora, edita per la collana Cramps/Diverso, Milano, 1976, @Roberto Masotti, Lelli e Masotti Archivio

Mercoledì 6 dicembre, alle 18:00 a Palazzo MALAGOLA, verrà inaugurata la mostra dal titolo AMOREVOLMENTE PROGREDIRE, AMOREVOLMENTE REGREDENDO. La ricerca vocale di Demetrio Stratos [1970-1979], curata dai due co-direttori di MALAGOLA, Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari, che riguarda la presentazione – in forma espositiva – di una selezione di materiali dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito dal Comune di Ravenna grazie ad un co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna.

L’inaugurazione sarà preceduta, alle 15:00, da un seminario-tavola rotonda promossi in collaborazione con MAR, Museo d’Arte della Città di Ravenna (in via di Roma 13) e ospitati in sala Martini, dal titolo Demetrio Stratos: il microcosmo della voce. L’incontro, coordinato da Marco Sciotto, sarà curato dal centro di ricerca MALAGOLA con l’obiettivo di illuminare alcuni aspetti della sperimentazione vocale di Demetrio Stratos. A portare i saluti istituzionali saranno l’assessore regionale alla Cultura e Paesaggio dell’Emilia-Romagna, Mauro Felicori, e l’assessore del Comune di Ravenna Fabio Sbaraglia. L’introduzione sarà curata da Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari e vedrà la partecipazione delle eredi Daniela Ronconi Demetriou e Anastassia Demetriou. Seguiranno gli interventi di Enrico Pitozzi, Franco Masotti, Janete El Haouli, Marco Sciotto, Dario Taraborrelli. Testimonianze di Silvia Lelli, Claudio Chianura, Oderso Rubini, Paolo Spedicato.

L’Archivio Demetrio Stratos è stato acquisito a dicembre 2022 dal Comune di Ravenna, con co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente da Daniela Ronconi Demetriou – vedova Stratos – che lo ha fino a quel momento custodito e ha trovato in MALAGOLA un luogo ideale di conservazione, fruizione e valorizzazione. Si tratta di un fondo che rappresenta il primo, fondamentale nucleo in espansione di un patrimonio di rilevanza primaria tanto nell’ambito della ricerca vocale e sonora, quanto in quello degli archivi d’artista. Un fondo costituito dalla documentazione raccolta dapprima da Demetrio Stratos nel corso della sua attività e, successivamente alla sua scomparsa, da Daniela Ronconi Demetriou. Spaziando dalla documentazione audiovisiva di performance, lezioni e concerti agli appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, dai materiali che ripercorrono gli stretti legami con altri artisti – John Cage su tutti – alle stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, da strumenti musicali a oggetti, cimeli e capi d’abbigliamento, da libri e dischi in vinile a manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, dalle copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca alla rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, le centinaia di materiali differenti che compongono l’archivio restituiscono in modo tangibile la stratificazione, la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Stratos, aprendo a tracciati di lettura e di ricerca differenti e anche inediti. Nel corso del primo anno di lavoro sui materiali del fondo, si è proceduto con il loro graduale riordino, inventariazione e digitalizzazione (quest’ultima a cura di Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna) e questa mostra rappresenta il primo movimento di un percorso di valorizzazione, che proseguirà con le altre attività di MALAGOLA. Nel corso del 2024 i materiali potranno essere accessibili a tutti coloro che ne faranno richiesta, in modo che un simile patrimonio possa essere realmente un bene accessibile a studiosi, artisti, curiosi, ricercatori e a chiunque voglia entrare in relazione con la figura e con i processi artistici di Demetrio Stratos.

Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi @Fabrizio Zani

“Cortocircuito del tempo – osservano Enrico Pitozzi e Ermanna Montanari, co-direttori di MALAGOLA – la voce di Demetrio Stratos ‘chiama’ ancora, ora come allora. Pronuncia il nome di ciò a cui si rivolge: convoca una ad una le cose del mondo e le dispone secondo la loro andatura nel cosmo che affiora. La presenza della sua voce – ciò che essa nomina chiamando – è ciò che precede e precorre ogni possibile condizione di linguaggio, ne sonda i limiti, ne abita i margini. In senso proprio, la sua voce non dice, mostra: nominando qualcosa del mondo, lo annuncia. A MALAGOLA il compito di custodire questa voce – nelle innumerevoli forme in cui si manifesta attraverso partiture, appunti di lavoro, immagini e documenti audiovisivi qui raccolti per la prima volta – e, insieme, la responsabilità della sua trasmissione, con la stessa cura che si addice ad una memoria non intaccata dalla voracità del tempo”.

“L’attuale amministrazione regionale – sottolinea l’assessore regionale alla Cultura e Paesaggio della Regione Emilia-Romagna, Mauro Felicori – sta mettendo molta attenzione agli archivi, sia acquisendoli quando necessario, sia contribuendo alla catalogazione e digitalizzazione al fine di una disponibilità pubblica. L’acquisizione dalla vedova dell’archivio di Demetrio Stratos è venuta dunque naturale, tanto più che l’opportunità si è presentata proprio mentre contemporaneamente nasceva a Ravenna – dal dialogo ultradecennale tra Montanari e Pitozzi, in un progetto individuato da Albe/Ravenna Teatro insieme al Comune di Ravenna con la collaborazione della Regione, un centro internazionale dedicato alla voce, che è stato il campo principale delle sperimentazioni di Stratos. Un centro che scongiura il rischio che l’archivio si copra di polvere e ne garantisce la fruizione, la vitalità, l’utilità per i giovani. Questa prima mostra ne è la prova”.

“Ravenna si arricchisce di un patrimonio culturale straordinario – dichiara l’assessore alla Cultura del Comune di Ravenna, Fabio Sbaraglia – che da oggi diventa finalmente fruibile grazie al lavoro di ricerca e valorizzazione che MALAGOLA porta avanti ormai da anni sul nostro territorio. L’operazione di acquisizione che abbiamo concluso insieme all’assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna rappresenta un esempio virtuoso di come la collaborazione tra istituzioni e realtà artistiche della città generi continue e importanti opportunità di arricchimento della proposta culturale per visitatori e cittadini. In particolare siamo certi che la presenza a Ravenna dell’Archivio memoriale Demetrio Stratos, oltre a contribuire e ad arricchire le attività di formazione e ricerca che MALAGOLA conduce, possa diventare un’esperienza di riferimento anche per tanti studiosi e appassionati.

La mostra dei primi materiali d’Archivio, che si protrarrà fino al 22 dicembre, prevede, nella serata di sabato 16 dicembre, alle ore 20.30, nella sala Martini del MAR, Museo d’Arte della Città di Ravenna, la proiezione del film La voce Stratos (Italia, 2009, 110 minuti), regia di Monica Affatato, Luciano D’Onofrio. Al termine della proiezione Marco Sciotto coordinerà il dialogo con gli autori.

 

ORARI DI VISITA

La mostra è a ingresso gratuito. Orari di visita dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00 (venerdì 8 dicembre solo mattina). Per informazioni info@malagola.eu o tel. 348 1382632

DEMETRIO STRATOS – NOTA BIOGRAFICA

Demetrio Stratos (italianizzazione di Efstratios Demetriou) nasce il 22 Aprile 1945 da genitori greci ad Alessandria d’Egitto, dove trascorre i primi tredici anni della sua vita e dove frequenta il Conservatoire National d’A- thènes, studiando fisarmonica e pianoforte. A seguito degli eventi politici che coinvolgono l’Egitto, si trasferisce dapprima a Cipro e poi, nel 1962, in Italia, dove si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e fonda, l’anno successivo, un gruppo musicale studentesco all’interno del quale figura inizialmente solo come tastierista e successivamente anche come cantante. Nel 1966 si unisce al gruppo rock I Ribelli, che lascia nel 1970 per fondarne uno proprio con musicisti inglesi.
Nello stesso anno, anche grazie all’interesse verso la fase di ‘lallazione’ della figlia Anastassia – nata dal matrimonio con Daniela Ronconi, avvenuto l’anno prima –, prende avvio la sua attenzione e la sua ricerca sulle possibilità della vocalità svincolata da ogni relazione con il linguaggio. Nel 1972 nasce il gruppo Area, che l’anno dopo registrerà per la Cramps Records di Gianni Sassi, già partecipe del gruppo Fluxus, il primo album Arbeit macht frei, con una formazione costituita da Stratos, Giulio Capiozzo, Patrizio Fariselli, Ares Tavolazzi e Giampaolo Tofani. Due anni dopo, nel 1974, si avvicina al pensiero e all’opera di John Cage, di cui interpreterà Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham per voce non accompagnata e microfono. Negli stessi anni, la sua ricerca pratica si arricchisce dei suoi studi di musicologia comparata, di vocalità etnica, di tecniche orientali e di psicanalisi, con una particolare attenzione verso i rapporti tra linguaggio e psiche. Nel 1976 viene pubblicato il suo primo disco da solista, Metrodora, un lavoro per sola voce che presenta la sua ricerca vocale degli ultimi anni. Contestualmente, collabora con Franco Ferrero del Centro di Studio per le Ricerche di Fonetica presso il C.N.R. di Padova, con il quale indaga le caratteristiche fisiologiche della propria sperimentazione. Nel 1978 pubblica il suo quinto e ultimo disco in studio con gli Area, intitolato 1978, gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!. Nello stesso anno partecipa, a New York, su invito di John Cage, allo spettacolo Events di Merce Cunningham & Dance Company, al concerto di Cage presso il Teatro Margherita di Genova insieme a Grete Sultan e Paul Zukofsky e, a Bologna, all’evento Il treno di Cage. Alla ricerca del silenzio perduto. Ancora nel 1978 esce, sempre per la Cramps, il suo secondo disco solista, Cantare la voce. Nel 1979 registra Le Milleuna, testo di Nanni Balestrini per l’azione mimica di Valeria Magli e, a Parigi, interpreta per France Culture Pour en finir avec le jugement/28 de dieu di Antonin Artaud. Nello stesso anno progetta, con Paolo Tofani e Mauro Pagani, lo spettacolo Rock’n’roll Exhibition, dedicato ai grandi musicisti del rock anni ’50 e tiene un corso di semiologia della musica contemporanea sulla voce al conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ di Milano. È costretto, però, a rinunciare al progetto – già definito nei dettagli – di insegnare, su proposta di Cage, presso il Center for Music Experiment dell’Università di San Diego, in California, a causa dell’insorgere della malattia che lo con- durrà alla morte il mattino del 13 giugno 1979, al Memorial Hospital di New York. Il concerto che era stato organizzato per il 14 giugno all’Arena di Milano per raccogliere fondi che contribuissero alla degenza di Stratos diviene un grande omaggio di centinaia di musicisti in memoria dell’artista.

MALAGOLA – ideato e diretto da Ermanna Montanari (fondatrice e direzione artistica delle Albe) e da Enrico Pitozzi (studioso e docente dell’Università di Bologna) – è il Centro internazionale di ricerca vocale e sonora che sviluppa a Palazzo MALAGOLA, in forte relazione con il Teatro Rasi, attività di ampio respiro tra loro connesse: una scuola di vocalità e di studi sul suono, archivi sonori e audiovisivi, il “Collegio Superiore di Estetica della Scena” che promuove partnership editoriali, incontri, seminari, performance, concerti. MALAGOLA ha ricevuto il Premio Ubu 2022 come progetto speciale e il Premio Radicondoli 2023. Palazzo MALAGOLA si trova a Ravenna in via di Roma 118.

Marco Baliani e la centralità dell’ascolto

LA STAGIONE DEI TEATRI 2023-2024

 

In occasione di Kohlhaas, in scena  per La Stagione dei Teatri 2023/2024 da giovedì 23 novembre a sabato 25 alle 21:00 e domenica 26 alle 15.30 al Teatro Alighieri, Federica Ferruzzi ha intervistato Marco Baliani, attore e regista.

Marco Baliani @Luca Deravignone

Marco Baliani è tante cose: un attore, un regista, uno scrittore. Alla base di tutto c’è una fine capacità di narrazione che lo ha reso, sul finire degli anni ’80, involontario pioniere del teatro di narrazione. Una vita spesa a raccontare, prima ai piccoli poi ai grandi, poi ad entrambi, con la convinzione, come diceva Italo Calvino, che “sta al narratore organizzare i passaggi obbligati per arrivare alla soluzione della storia, tenerli su uno sopra l’altro come i mattoni di un muro e usando per cemento l’arte sua”.

L’autore di Corpo di Stato sarà ospite de La Stagione dei Teatri con due spettacoli – Kohlhaas e Una notte sbagliata (che si aggiungono a Frollo, contenuto nella Stagione Famiglie e Scuole) – accomunati dal tema del sopruso e del diritto violato.

“A me piace affrontare temi che riguardano il passato prossimo – osserva Baliani – ma non dal punto di vista del teatro civile: non voglio dare una spiegazione di come sono andate le cose, non mi piace l’intervento didascalico, tantomeno didattico, perché credo che il teatro abbia bisogno di conflitti. Se ci si pone dal punto di vista del cronista, allora questo lo sanno fare meglio i vari Travaglio, Iacona, che, infatti, riempiono i teatri. Con Corpo di Stato non volevo raccontare la vicenda di Aldo Moro, ma cosa è successo a me in quei cinquantacinque giorni. Sono stato spietatamente sincero, non volevo dare un giudizio storico, così come con Una notte sbagliata non volevo riferirmi direttamente alla vicenda di Cucchi, ma volevo analizzare la violenza sull’inerme. La mia è una domanda esistenziale, non politica. Non volevo trattare il fatto di cronaca, ma mi interessava fornire i diversi punti di vista di chi partecipa alla vicenda: per questo prima divento l’inerme, poi i poliziotti, poi il cane che assiste alla scena. Questo per dire che la realtà è più complicata di come appare. A me piace quando il pubblico va via inquieto, col ‘magone’. Non mi interessa suscitare indignazione, perché questo sentimento assolve colui che lo prova e serve solo a mettere la coscienza a posto. Quando il teatro civile fa questo, non pone domande, semplicemente espone un giudizio”.

Come nasce il teatro di narrazione?

“Teatro di narrazione è un’etichetta inventata dai critici Ugo Ronfani e Renato Palazzi, che vennero a vedere Kohlhaas, primo esempio di questo genere, nel 1989. In realtà lo spettacolo nasce due anni prima per le scuole, nell’ ‘87. La domanda da cui scaturisce è: ‘Come ci si comporta davanti ad un’ingiustizia subita?’, ovvero una delle tante domande che hanno a che fare con la complessità della nostra vita, che è fatta di luci e ombre. Amo le fiabe perché ci dimostrano che la vita è complessa e complicata, il protagonista non sa mai che pesci prendere, detto questo non avrei mai pensato di creare un genere. Da quella volta, tutti quelli che lavorano sulla dimensione dell’attore che, da solo, racconta una storia, vengono iscritti in questo filone, che nel tempo è diventato gigantesco e contempla anche cattedre all’Università. Forse ho solo dato inizio a qualcosa che era già nella società, semplicemente l’orecchio è stato rimesso al centro”.

Lei ha iniziato la sua attività lavorando con i ragazzi: com’è, oggi, il dialogo con le giovani generazioni?

“È un dialogo difficilissimo: poveri, quegli insegnanti, che hanno a che fare con nuove tribù di giovani. Oggi parte del sapere arriva dai social e non sappiamo ancora cosa produrranno questi strumenti; resta il fatto che, tramite un cellulare, passa un’ingente quantità di informazioni molto superficiale. Sono informazioni liquide, che però in un modo o nell’altro producono sapere e non possiamo fare finta che non sia così. Dovremmo iniziare a mettere al centro i sentimenti piuttosto che il logos. Prima, quando si studiavano gli Assiri, ci voleva tempo per ricercare le informazioni, ora è tutto immediatamente disponibile su Wikipedia. A questo punto la scuola si dovrebbe occupare del tempo residuo, del tempo che si risparmia nel non dover condurre la ricerca. I social non vanno demonizzati, credo che occorra barcamenarsi tra il futuro che ci attende e il passato che abbiamo. Non dimentichiamoci che il racconto ha cementato dai primordi il consesso umano e che quindi tutto è ancora possibile. Quando porto in scena lo spettacolo Frollo, i ragazzi stanno a bocca aperta dall’inizio alla fine, dimostrando che la voglia di ascoltare è insita nel nostro dna”. 

Per Rai Radio 3 insieme a suo figlio Mirto sta portando avanti il progetto l’Italia è una favola, in cui ad ogni regione viene associata, appunto, una fiaba. Quale ha scelto per l’Emilia-Romagna?

“Ho scelto La regina dello stagno, una fiaba bolognese che parla di animali. Ogni favola, e sono ovviamente venti, ha una caratteristica diversa: questa è governata da un’animalità totale e racconta di una regina immersa in uno stagno che ne uscirà grazie all’impegno del protagonista Sandrino. L’Italia è una favola è un progetto dedicato a Italo Calvino, sono fiabe rivisitate da me, con Mirto (suo figlio ndr) che si occupa delle musiche e, in appendice ad ogni puntata, c’è un dialogo con l’antropologo Marino Niola. È un lungo lavoro che mi riporta alle origini, a quando ho iniziato a raccontare fiabe ai bambini”. 

Oggi abita a Ravenna: cosa le piace di questa città?

“Abito a Ravenna da poco prima dell’alluvione, sono stato ‘battezzato’ da questo terribile evento. Ho vissuto tanti anni a Roma, poi a Parma e infine a Ravenna e sono dell’idea che non si possa vivere in posti brutti. Ho trascorso l’adolescenza ad Acilia, una borgata romana da cui sono riuscito a scappare grazie ai libri, alle letture, che mi hanno rivelato altre possibilità di vita. Ravenna è meravigliosa, mi piace la sua urbanistica, l’idea che dal centro, spostandosi verso la periferia, si incontrino case basse e non palazzoni”.

Dopo il primo dei tre spettacoli in Stagione, Kohlhaas, lunedì 27, alle 15.30, proporrà una lezione aperta al pubblico, di cosa si tratta?

“Sarà uno smontaggio drammaturgico dell’opera: ne racconterò la struttura ritmica, sarà una lezione di teatro per gli spettatori che lo hanno visto, ma soprattutto per tutti coloro che amano il teatro. L’ho fatto pochissime volte, da quando abbiamo creato lo spettacolo, ma è sempre una bellissima forma di trasmissione”.

Alessandro Leogrande, profeta del suo tempo

LA STAGIONE DEI TEATRI 2023-2024

 

In occasione di Alessandro. Un canto per la vita e le opere di Alessandro Leogrande, in scena  per La Stagione dei Teatri 2023/2024 sabato 18 novembre alle ore 21:00, Federica Ferruzzi ha intervistato Salvatore Tramacere, direttore di Teatro Koreja e curatore del progetto.

È un omaggio all’uomo, all’amico, ancor prima che allo scrittore e all’intellettuale, quello che Teatro Koreja rivolge alla memoria di Alessandro Leogrande, scomparso prematuramente nel novembre del 2017 a causa di un malore improvviso. 

Del resto, come ha fatto notare a più riprese un altro grande scrittore, Nicola Lagioia, e come ha ricordato Salvatore Tramacere, direttore di Teatro Koreja, nel corso di un’intervista che annuncia l’arrivo dello spettacolo al Teatro Rasi di Ravenna sabato 18 novembre (ore 21.00), “le persone ricordano non tanto i titoli dei suoi libri, ma lo spessore di un uomo che ha fatto, del sincero interesse per gli altri, una ragione di vita. Tempo fa, durante una conversazione, Lagioia mi faceva notare come, incredibilmente, più passavano gli anni, più cresceva l’interesse nei confronti di Alessandro. Ed effettivamente questo è un trattamento riservato a pochi, tra cui Pasolini, che è stato un profeta. Certo, si tratta di carature differenti, ma entrambi sono stati lungimiranti precursori del proprio tempo e di loro, prima dei libri che hanno scritto, si ricorda la persona”.  

Tramacere, come è avvenuto l’incontro tra Leogrande e Teatro Koreja?

“Alessandro era di Taranto, gravitava nell’orbita di Goffredo Fofi, ne era il vicedirettore in quanto aveva assunto la responsabilità di portare avanti la rivista Lo Straniero. Quasi naturalmente ci ritrovammo in situazioni che ci vedevano insieme, ma il motivo principale era il comune interesse nei confronti dell’Albania. Alessandro, da tempo, aveva cominciato a seguire questa realtà: si appassionò, ad esempio, al lungo processo legato alla nave Katër i Radës che il 28 marzo del 1997, giorno del Venerdì Santo, fu speronata nel Canale di Otranto da una corvetta della Marina militare italiana. Parallelamente noi lavoravamo con l’Albania, con cui avevamo una relazione da almeno 25 anni. Entrambi avevamo capito che i nostri fratelli si trovavano al di là del mare e che servivano nuove modalità di incontro. Ognuno lo faceva a suo modo, lui scrivendo, noi con il teatro. Ci siamo così ritrovati a percorrere le stesse strade: abbiamo incontrato scrittori, gente di teatro, di cinema. Alessandro aveva l’idea di un Sud che andava riscattato, ma questo riscatto non doveva passare necessariamente da una lotta culturale italiana: per lui esisteva un campo più esteso, quello dell’area Mediterranea. Il sud non è una questione di geografia, ma è un qualcosa che si ha dentro e che si può ritrovare a qualsiasi latitudine”. 

Cosa manca, oggi, a distanza di sei anni, di questo grande intellettuale?

“Manca la capacità di ascoltare, l’abilità, incredibile, di vedere l’altro senza giudizio, di giustificarlo anche nell’errore, una dote di pochi. Alessandro aveva la capacità di analizzare le situazioni solo dopo averle scandagliate per bene: non prendeva mai posizione per partito preso, o per principio, ma era sinceramente interessato all’altro, e questo non solo perchè era buono, ma perché voleva davvero capire perché accadevano le cose. Alessandro aveva una maniera diversa di approcciarsi alle questioni: prima di tutto le studiava, ed era capace di rivedere la propria posizione. Era una persona estremamente curiosa e scriveva di tutto, anche di calcio. Era consapevole che di ogni argomento si potesse trovare una lettura a più livelli. Era uno strano intellettuale, anche se non so se avesse piacere di essere definito così. A noi manca il suo pensiero critico, la sua attenzione. Mi capita spesso di pensare a cosa avrebbe detto Alessandro di fronte ad un determinato avvenimento, come lo avrebbe commentato, quale sarebbe stato il suo approccio. Manca la sua capacità relazionale, il suo sapersi mettere nei panni dell’altro, il suo interesse sincero, la volontà di capire realmente chi ci sta intorno”.

Come avete organizzato lo spettacolo?

“Lo spettacolo racconta la complessità di quest’uomo attraverso le sue parole e i suoi ricordi anche grazie all’aiuto di sua madre, che ci ha donato materiali straordinari per poterlo raccontare. Si tratta di un lavoro dove, oltre alla narrazione delle tante situazioni di cui si è interessato, dall’immigrazione al caporalato, abbiamo inserito il canto. In scena, però, ci sono quattro attrici che non sono propriamente cantanti, in quanto abbiamo inteso il suono a servizio della parola raccontata. Ci è sembrata la chiave per descrivere Alessandro in maniera più diretta: l’obiettivo non era quello di creare un ricordo – ci sono già ritratti bellissimi, come quelli tracciati da Nicola Lagioia – ma trovare una forma che lo potesse raccontare”. 

La figura di Leogrande era nelle corde di Teatro Koreja, da sempre testimone di un teatro di inclusione e di integrazione: qual è il cuore della vostra attività?

“Le corde si allungano, si spezzano, si attaccano: per noi è da sempre fondamentale il lavoro sul suono, sul canto, sul cercare di trovare e di trasmettere emozione anche tramite questi strumenti. Fin dall’inizio ci siamo caratterizzati per questo approccio al teatro e continuiamo a portarlo avanti perchè lo riteniamo un modo che ancora riesce a parlare all’oggi”.

Storie di Ravenna: sesta edizione

Le nuove vesti di Storie di Ravenna: accanto al format classico, in scena al Rasi dal 13 novembre, si aggiungono il progetto al MAR e la puntata speciale per il Festival delle Culture

 

A partire da lunedì 13 novembre, alle 18:00 al Teatro Rasi, torneranno gli appuntamenti di Storie di Ravenna, una serie di sei spettacoli che nasce dalla volontà di raccontare la storia della città attraverso la voce di studiosi ed esperti utilizzando i tempi e i linguaggi del teatro. Un racconto a più voci, corredato da immagini, suoni e letture, che intende arrivare ad un pubblico vasto ed essere un momento di incontro e condivisione.

Ai sei spettacoli, che si susseguono fino ad aprile, si aggiungono quello dedicato ai mosaici del ’59 al Museo d’Arte della città e quello sul processo migratorio in programma il 24 maggio.

“La rassegna – osserva Alessandro Argnani, co-direttore di Ravenna Teatro – compie cinque anni e rinsalda quel rapporto tra il teatro e la città che riteniamo fondamentale per mantenere viva l’attenzione su quello che è stato e ciò che ci circonda. I rapporti intessuti in questi anni hanno ampliato le collaborazioni contaminando nuovi spazi e situazioni e hanno implementato linguaggi diversi”.

Esempio di queste contaminazioni è Storie del MAR. I mosaici del 1959, progetto organizzato insieme al MAR Museo d’Arte della Città e incentrato sulla mostra dei mosaici del ’59 – in collaborazione con il Conservatorio Statale Giuseppe Verdi di Ravenna – che il 19 novembre, 10 dicembre e 7 gennaio porterà in scena uno spettacolo (in doppia replica alle 15:30 e 16:45) in cui sono protagonisti Camilla Berardi e Giovanni Gardini, con musiche di Michele Benini, regia di Alessandro Argnani.

“Con questa rassegna – sottolinea Roberto Cantagalli, direttore del MAR – non solo si rafforza la collaborazione fra il museo e una realtà culturale attiva e vitale come Ravenna Teatro, ma si consolida l’esperienza del ‘raccontare l’arte attraverso l’arte’. Nel caso delle storie di Ravenna il vettore narrativo è il teatro, in altre circostanze sono state la danza o la musica. È questo il museo che vogliamo, un’entità al servizio della comunità che ripensa costantemente se stessa, luogo aperto e dinamico, spazio di incontro fra persone, culture, idee e linguaggi”.

“Negli anni – commenta l’assessore alla Cultura del Comune di Ravenna, Fabio Sbaraglia – Storie di Ravenna è stato in grado di crescere e di mettere in relazione chi, a diverso titolo, si occupa di cultura a Ravenna. Questo format non si è limitato a ridare alla città il racconto di una storia passata attraverso una nuova prospettiva, ma ha anche creato una sorta di linguaggio comune utile a mettere in comunicazione i generi più diversi”.

Storie di Ravenna è ideato e curato da Alessandro Argnani, Luigi Dadina, Federica Ferruzzi, Giovanni Gardini, Alessandro Luparini, Roberto Magnani, Laura Orlandini, Alessandro Renda, con la collaborazione di Antropotropia e Les Bompart Produzioni.

CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI

 

Le tante tessere di Ravenna

Con Cesare Albertano, Paola Babini, Rosetta Berardi, Roberto Cantagalli, Giovanni Gardini, Marco Santi
Il mosaico rappresenta una cifra distintiva della storia di Ravenna. Un racconto tra passato, presente e futuro su un’arte affascinante che ha reso celebre questa città in tutto il mondo.

Don Minzoni, una storia del ‘900 italiano

con Paolo Cavassini, Giovanni Gardini, Alessandro Luparini, Laura Orlandini
Nel centenario della tragica morte per mano fascista, un racconto trasversale su Don Giovanni Minzoni. La complessa figura del sacerdote ravennate viene rievocata attraverso alcuni degli snodi principali del primo Novecento italiano.

Le pinete dell’onorevole Luigi Rava

con Giovanni Gardini, Alessandro Luparini, Alberto Malfitano, Vittoria Mencarini
La secolare pineta di Dante e Byron è giunta integra fino a noi anche grazie alla prima legge di tutela ambientale dello Stato italiano, firmata dall’onorevole ravennate Luigi Rava. Un racconto tra passato, presente e futuro sul “polmone verde” di Ravenna.

I barbari alle porte. La guerra greco gotica

con Enrico Cirelli, Elisa Emaldi, Ada Foschini, Giovanni Gardini
Storie di guerre e di conquiste, di bizantini ed ostrogoti. Una narrazione a più voci su una vicenda che ha visto protagonista anche la città di Ravenna.

Ravenna Serenissima. Gli anni del dominio veneziano

con Pierre Bonaretti, Giovanni Gardini, Alessandro Luparini, Myriam Pilutti Namer
Poco meno di 70 anni: tanto è durato il dominio veneziano su Ravenna. Un tempo breve, che però ha lasciato tracce indelebili nel tessuto urbano della città, regalandole alcuni dei suoi monumenti più importanti. Archeologia, storia, ma anche poesia e folklore, all’ombra del Leone di San Marco.

Mamma li franzesi! Ravenna da Napoleone alla Restaurazione

Con Giuseppe Bellosi, Giancarlo Cerasoli, Giovanni Gardini, Alessandro Luparini, Laura Orlandini
Dall’arrivo del generale Augereau al comando delle truppe napoleoniche, nel 1796, al ritorno definitivo del potere pontificio nel 1815. Le alterne vicende della dominazione francese, tra modernità, laicizzazione forzata, alberi della libertà, ghigliottine e insorgenze.

Storie di Ravenna per il Festival delle Culture

In occasione del Festival delle Culture,  Ravenna Teatro propone, in collaborazione con l’Unità organizzativa Politiche per l’Immigrazione del Comune di Ravenna – impegnata, da oltre vent’anni, in una politica interculturale di rafforzamento della coesione sociale, con un approccio multi professionale al fenomeno migratorio – una puntata speciale di Storie di Ravenna.

 

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BIGLIETTI E ABBONAMENTI

Ingresso unico 5 €
Abbonamento 7 spettacoli (comprensivi dell’appuntamento del 24 maggio) 30 €.

Gli abbonamenti sono in vendita esclusivamente venerdì 10 novembre dalle ore 16:00 alle 19:00 e sabato 11 novembre dalle 10:00 alle 13:00 al Teatro Rasi.

I biglietti si possono acquistare negli stessi giorni e, a seguire, il giovedì dalle ore 16:00 alle 18:00 al Rasi e sulla BIGLIETTERIA ON-LINE. I posti rimasti disponibili saranno in vendita da un’ora prima di ogni spettacolo (è sempre consigliato l’acquisto in prevendita).

Storie del MAR Prenotazione obbligatoria allo 0544 482477. Ingresso 10 euro comprensivo della visita alla mostra BurriRavennaOro.

 

INFORMAZIONI

Ravenna Teatro\Teatro Rasi via di Roma 39, Ravenna tel. 0544 36239, info@ravennateatro.com
Biglietteria del Teatro Rasi, tel. 0544 30227.

Storie di Ravenna è supportato da Comune di Ravenna, Regione Emilia-Romagna, Ministero della Cultura, Fondazione del Monte, Bcc Ravennate Forlivese e Imolese, Assicoop Romagna Futura, Coop Alleanza 3.0, Reclam, Nuova OLP