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Magnifiche cose e tremende aspettano il disobbediente

La Stagione dei Teatri 2021/2022
ENIGMA. Requiem per Pinocchio, uno spettacolo di Teatro Valdoca
9-10 aprile 2022, Teatro Alighieri

 

In attesa dello spettacolo ENIGMA. Requiem per Pinocchio di Teatro Valdoca, in scena per La Stagione dei Teatri il 9 e 10 aprile al Teatro Alighieri, vi proponiamo qui di seguito il testo Magnifiche cose e tremende aspettano il disobbediente di Mariangela Gualtieri con l’estratto “La Fatina” dal testo dello spettacolo.

Magnifiche cose e tremende aspettano il disobbediente

Pinocchio è colmo di passione e di compassione. È questo conflitto fra passione e compassione che lo scaraventa avanti e indietro: si perde, ma non del tutto, si salva, ma non del tutto. Si perde per ebbrezza, perché la vita è – o appare – piena di avventure d’entusiasmo. Perché chiede alla vita ebbrezza, libertà, felicità. Per troppa vitalità si perde e ogni volta qualcosa di terribile accade, sempre vicinissimo alla morte. Ma può morire un pezzo di legno?

Povero Pinocchio. Poveri noi che sempre siamo dentro il desiderio, dentro la fame di amicizia e di avventura e questa fame pare cosa proibita, pericolosa: si deve studiare, si deve obbedire, si deve lavorare, altrimenti si va a finire male.

Ci avviciniamo alla magia inesauribile di Pinocchio. Lo vediamo – o intravediamo – come sagoma che parla di noi, animale umano adulto e attuale, come lui così desideroso di un di più di vita e come lui condannato ad attraversare la vita, con le sue disavventure che talvolta sembrano sevizie di una divinità feroce. Come lui sempre ad un passo dalla morte, circondati da falsi amici spietati, tremendi, che incantano e promettono oro, montagne d’oro, montagne di star bene. Falsi amici davvero miserabili e che pure ai nostri occhi sembrano così premurosi e sapienti.

E poi dagli altri del mondo, gli altri animali, le altre meraviglie, messe lì, inascoltate, ad istruirci, a dirci come stare, come fare, mentre noi procediamo, eterni infanti, convinti di essere sempre al centro, di essere coloro che sanno, coloro che bene ragionano, che bene risolvono. I dominanti.

E dunque c’è da una parte uno sguardo pietoso sull’umano, dall’altro uno sguardo innamorato sull’umano, sulla sua dirompente passione adolescente, sulla sua gioia di stare con gli altri, di avventurarsi nella vita, darsi alla vita fino all’ultima goccia e con quello slancio, con quella voglia di godere e di condividere. C’è, qui, la nostra alleanza con Eros, pensato come forza vitale di tutto, come dismisura e traboccamento, come tensione alla pienezza caotica. Con orrore per tutto ciò che ingabbia e ordina.

Ci mettiamo davanti a Pinocchio ben sapendo di non essere i primi a farlo, ma ben pronti a rivelare la piccola sfumatura che aspetta noi, la somiglianza con noi, con ciò che di noi teniamo a bada così bene, nell’età adulta. Ma resta dentro uno strano ragazzo morto, uno strano morto agonizzante, come Pinocchio sempre sul punto di morire ma sempre in parte vivo e vivace.

La Fata Turchina, la fata fatta d’aria e di cielo, di acqua e di morte, di infanzia e di maternità, ci fa comprendere quanto asini siamo, quanto infantili e soli, quanto disarmonici. Il femminile magico e cosmico della Fata è una gradazione dell’umano così necessaria ora, in questo tempo.

m.g.

 

La Fatina

Estratto dal testo di “Enigma. Requiem per Pinocchio” di Mariangela Gualtieri

Un tempo si credevano gli umani
d’essere meglio degli altri, loro migliori
di tutto il resto. Ma adesso lo sappiamo.

Non basta l’alto ragionamento. Non bastano
le mani, le parole, le religioni, l’arte non è
abbastanza, la scienza, l’armamento, il farmaco,
la trasfusione, il bombardamento, le protesi dentali,
il ricettario, la fusione dell’atomo,
l’abbecedario non basta per l’educazione.

Ci sono grilli intelligentissimi.
Questo ti voglio dire.
Si può imparare da loro. Non sei migliore.
Ecco. Apriamo il tuo orecchio
così puoi capire l’antica lingua dei grilli.

Ci sono lumache pazientissime.
Si può imparare da loro. Non sei migliore.
È antico ingegnere spaziale, ciò che chiami
lumaca. Sa il segreto delle galassie.
Apriamo il tuo orecchio alla lingua sua siderale.

Viaggio per mare. Due lettere.

La Stagione dei Teatri 2021/2022
OUTIS – Viaggio per mare, uno spettacolo di teatroINfolle
31 marzo 2022, Teatro Rasi

 

Sviluppatosi nell’arco di tre anni, attraverso numerose residenze artistiche itineranti per tutta l’Italia, OUTIS – Viaggio per mare debutta giovedì 31 marzo al Teatro Rasi per La Stagione dei Teatri. teatroINfolle è stato tra i progetti selezionati a cui Ravenna Teatro ha destinato i suoi fondi di emergenza e proprio al Rasi nel 2021 il collettivo ha compiuto una tappa fondamentale del lavoro. Vi proponiamo qui di seguito l’approfondimento “Outis – Viaggio per mare. Due lettere.” di Eleonora Luciani, già pubblicato su «Merdre!» (Supplemento on line della rivista «Teatro e Storia», 2021).

OUTIS – Viaggio per mare. Due lettere

Elena Griggio – Eleonora Luciani

 

OUTIS – Viaggio per mare è un progetto sperimentale ideato da Elena Griggio, attrice e guida al canto del Teatro Valdoca, sviluppato insieme ad altri sei interpreti da maggio 2018 a ottobre 2019.
Tra il gruppo di OUTIS e la nota compagnia cesenate fondata da Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri non esistono – ad oggi – rapporti di tipo progettuale, mentre forti sembrano essere quelli di natura ideologico-generativa. È vero infatti che il Valdoca ricorre spesso a serie di residenze, seminari e laboratori per l’incontro e il reclutamento di artisti, per lo più giovani, in vista dei successivi spettacoli. Proprio in un simile contesto Elena Griggio viene scelta per partecipare a Giuramenti (2017), preparato durante tre mesi di residenza presso L’arboreto Teatro Dimora di Mondaino con altri 12 attori. In quei mesi le viene affidata la conduzione del coro, e da quel momento in poi, su richiesta di Ronconi, il suo ruolo non è più unicamente di attrice, ma anche di “guida al canto” della compagnia. Benché abbia alle spalle già alcune esperienze di insegnamento, l’occasione di confrontarsi non solo con un gruppo di allievi ma con quella che definisce una «costellazione di maestranze» (composta da Cesare Ronconi, Mariangela Gualtieri, Lucia Palladino, Lorella Barlaam) segna profondamente la vita professionale di Griggio. È sotto questa spinta che nei mesi successivi al debutto, e proprio lavorando ai nuovi laboratori di Teatro Valdoca, decide di scegliere a sua volta dei compagni per intraprendere un «viaggio teatrale», un percorso nel quale artisti alle prime armi e di diversa formazione possano tentare insieme la strada dell’auto-pedagogia.
Nell’arco di un anno e mezzo, incontrandosi con poche risorse prima a Venezia poi ad Ascoli, i componenti si sono scambiati insegnamenti inerenti ognuno alle proprie discipline di provenienza (dalla danza al canto, dalla scrittura al mimo corporeo), e hanno concluso il percorso con una dimostrazione pubblica nell’ultima tappa, in Puglia, al Castello Baronale De Gualtieris: non un vero spettacolo, ma uno studio, che viene dal desiderio di concludere un progetto a porte chiuse con un incontro aperto.
Mesi dopo, all’inizio del 2020, il gruppo decide di riunirsi ancora, questa volta con l’intenzione di sfruttare le dinamiche già sperimentate dell’auto-pedagogia, e il materiale accumulato nelle residenze, in vista di una possibile composizione scenica, intenzione inevitabilmente sospesa dalla pandemia da COVID-19. Proprio questa particolare contingenza, che ha imposto lontananze e lunghi tempi di attesa, fa da sfondo alle due lettere qui riportate (1), che costituiscono la testimonianza di un percorso degno di essere raccontato, e insieme sono un tentativo di confronto tra due rappresentanti alle prime armi di diversi modi di abitare il teatro, quello dello studio e quello della pratica. Lo scambio è stato stimolato da un incontro dal vivo tra le due scriventi, durante un laboratorio Valdoca, e dalla condivisione sulle piattaforme social, nell’aprile 2020 a cadenza settimanale, di materiali inediti delle passate residenze di OUTIS – Viaggio per mare (scatti e video d’autore). La prima lettera, firmata da chi scrive, osserva OUTIS e la sua ideatrice da un punto di vista laterale, esterno, sulla base di una serie di appunti presi nel corso della passata esperienza e dei pochi video condivisi. La seconda lettera, di Elena Griggio, risponde invece dalla zona dei processi e, completando le impressioni della prima e suggerendone di nuove, ripercorre l’intero viaggio. Seguono poi sette scatti realizzati da Roberta Tocco. Sono “ritratti”, sessioni private per ogni attore e separate dalle prove, pensate ognuna in dialogo con uno spazio diverso. Per OUTIS il lavoro fotografico è entrato in gioco in un momento di metamorfosi, del progetto e insieme dei singoli artisti: quello del primo approccio con dei possibili personaggi. Le fotografie (così come le riprese video) non hanno avuto un ruolo descrittivo o didascalico all’interno del progetto, ma hanno collaborato attivamente sia con la composizione attorica sia con quella drammaturgica. Come una specie di occhio aumentato, ogni scatto ha preso parte alla pedagogia permettendo agli artisti di studiarsi, di riconoscere e catturare i dettagli della propria partitura corporea.
In questa sede le immagini sono per noi un canale privilegiato che, insieme alle lettere, da la possibilità di accedere a quella parte della ricerca che di solito rimane impigliata nel privato e nei ricordi. [Eleonora Luciani]

 

 

L’Aquila, 19 Giugno 2020

Cara Elena,

dal nostro primo incontro è ormai passato del tempo. È stato in occasione di un laboratorio di Teatro Valdoca, ti osservavo dall’angolo, nella zona franca di chi non partecipa se non con qualche appunto sul taccuino, in attesa di buone idee per una tesi di laurea che in quei giorni era ancora tutta da scrivere. Già dalle primissime ore, mentre Cesare Ronconi conduceva il gruppo, mi è parso di riconoscerti tra loro come l’esponente di una singolare categoria che ancora oggi non riesco a definire: eri allieva entusiasta, ben nascosta tra i partecipanti, eppure ti muovevi ed eri riconosciuta da chi ti circondava come una sorta di capobranco.
Sulle mie pagine ho conservato qualche ricordo, uno in particolare è un momento di pausa.
Dopo un faticoso training con la danzatrice Lucia Palladino, i partecipanti si spargono ai lati della sala, chi seduto e chi sdraiato a terra, riprendono fiato. Oltre a te solo una ragazza non segue la diaspora generale e resta ferma, segnata da una fatica che mi sembra più mentale che fisica: la inviti a sedere a terra, a te di fronte, le prendi la mano e la esorti a tenerla poggiata sul ventre. Da lontano non riesco a capire cosa vi dite, poco dopo iniziate un canto.
Ho saputo solo più tardi che per tutta la durata del training la partecipante percepiva proprio il busto bloccato, rigido, un fatto che le aumentava lo sforzo e la frustrazione nonostante i vari tentativi da parte di chi vi seguiva per correggerla. L’avevi osservata durante la pratica, eri rimasta alla fine, e una volta sedute le avevi proposto un’altra via, quella della voce, in particolare l’esercizio del canto, per lavorare e ammorbidire la parte centrale del corpo.
Il rischio di avere i natali in compagnie o in gruppi riconosciuti ormai come fondatori e custodi di una propria tradizione è quello di rimanerne sempre allievi: si è formati, pronti per quanto possibile, ma si resta perpetui nascituri. Nel tuo lavoro invece individuavo un certo tipo di disobbedienza, non propriamente anarchica, piuttosto una viva contraddizione che garantisce, rispetto a ciò che si è imparato e chi lo ha trasmesso, l’equilibrio tra conservazione e distacco.
Sapere di OUTIS – Viaggio per mare, il progetto di auto-pedagogia che hai condotto, è stata una conferma, e di nuovo ho preso appunti.
I pochi video che ho visto sembrano restituire in parte l’idea dei bisogni e delle dinamiche del vostro gruppo, le inquadrature e insieme il montaggio sottolineano il fatto determinante: il percorso di provenienza e il sapere di ognuno si trasforma, a turno, nell’insegnamento quotidiano di tutti. Di volta in volta, infatti, lo sguardo della telecamera si sposta da chi fa a chi guarda fare, solo successivamente al fare insieme – da capo, procedendo per tentativi ed errori. Non siete soli negli spazi, di volta in volta diversi ma in genere spogli e illuminati da luci calde, spesso ci sono grandi e curiose macchine di legno con voi, le azionate manualmente, ma cosa sono? Una sembra la ruota di un mulino a vento, gira velocemente e produce lo stesso suono, nel video dell’ultima tappa, Ritorno a casa (2), una ragazza le danza vicino, ne segue il ritmo e pare si muova come imitandola. L’altra si sviluppa in verticale, di forma al limite tra un cannone e una lanterna, non illumina semplicemente gli spazi, li (s)colpisce, delimita il raggio delle vostre azioni.
La pratica del canto, infine, che già conoscevo come tua, pervade tutti i video, e mi lascia immaginare facesse lo stesso con le giornate, rendendosi così il collante di un gruppo carico di differenze.
Questi i miei appunti, quelli presi dal vivo insieme a quelli segnati a distanza, e come vedi molto viene a mancare. I pochi minuti sullo schermo e i ricordi consegnano in definitiva un’atmosfera da interrogare, ma cosa c’è dietro l’atmosfera? Ciò che manca è il racconto di un intero viaggio, e allora chiedo a te di completare gli spazi vuoti, e di aggiungere tutte le pagine mancanti.

Eleonora

 

Venezia, Giugno 2020

Cara Eleonora,

dietro l’atmosfera, mi viene da dirti, c’è un’immensa fatica.
Come sai sono passati ormai due anni dalla nascita di OUTIS, un progetto pedagogico che ho maturato nei mesi successivi al debutto di Giuramenti. Cercavo con cura e silenzio delle persone con cui compiere un viaggio, persone per le quali mi sono impegnata ad arare un campo ancor prima del loro arrivo: Giuditta di Meo, Davide Arena, Francesco Severgnini, Rossella Guidotti, Ilaria Lemmo, Daniele Cannella.
Scelte queste persone e avendo loro accettato di compiere questa impresa insieme a me, abbiamo dunque compiuto sei residenze artistiche, secondo capitoli inerenti al tema che avevo scelto, il viaggio per mare: Naufragio, Terra in Vista, Approdo, Uomo in Mare, Avanscoperta, Ritorno a Casa. In ciascun incontro, a cadenza trimestrale, dai 5 ai 15 giorni di durata, ci siamo scambiati insegnamenti inerenti le nostre discipline (due ore di scambio pedagogico a testa; con due persone ciascuna mattina nel ruolo di insegnanti) e presentati reciprocamente un nostro personale studio sul tema di residenza, chiedendo ai compagni di essere pubblico. Anche lo studio proposto sarebbe stato inerente alla nostra disciplina di specializzazione, danza, musica, sound design, scrittura creativa, mimo corporeo… canto. Abbiamo cantato tanto insieme. È sulla voce che si fonda il cuore infuocato di questo cammino.
Cos’altro? I cerchi di parole. Nel corso delle residenze più lunghe ne facevamo come minimo tre. Si tratta di riunioni in cui il gruppo dialoga e si confronta sui punti da indagare, chiarificare o sbrogliare nel corso dei nostri incontri di lavoro. Alcuni cerchi di parole sono stati molto difficili, ma sono anch’essi migliorati nel tempo… perché abbiamo imparato man mano ad essere più sintetici e, cosa fondamentale, abbiamo inserito un mediatore. Durata massima due ore. Ci sediamo in cerchio. Nella stessa posizione, cantiamo.
Le prime quattro residenze le abbiamo realizzate a Venezia. Ci siamo accampati a casa mia, abbiamo diviso le spese vive e, lavorando tra il Laboratorio Morion (centro sociale storico di Venezia), il Teatro di Marzo (lo spazio che la mia compagnia più piccola, teatroINfolle, ha ricavato da un ex deposito di proiettili dentro a Forte Mezzacapo) e il C.T.R, centro teatrale di ricerca (in Giudecca) abbiamo realizzato i primi capitoli di questo viaggio. Tutto si è evoluto drasticamente da agosto 2019, quando Daniele è riuscito a portarci ad Ascoli Piceno, dove, per la tappa Avanscoperta, ci siamo armati di tende e raccolti nelle Marche, nella chiesa sconsacrata di San Pietro in Castello. Sono state due settimane importantissime, perché si sono concretizzate delle collaborazioni che hanno permesso al nostro lavoro di “fare il salto”. Mi riferisco in particolare alla collaborazione con Gli Impresari, con Luana Giardino e con Michele Mazzocchi. Queste tre figure cardinali hanno portato a OUTIS – Viaggio per Mare gli elementi entro cui il nostro lavoro creativo è riuscito ad avere una forma definita, accanto, naturalmente, alla via via sempre più precisa alchimia dei corpi e della voce degli attori in campo. Opere de Gli Impresari infatti sono le macchine di legno su cui ti interroghi, La Macchina del Sole, La Macchina del Tuono e La Macchina del Vento. Vere e proprie compagne di scena hanno permesso alle figure che gli attori stavano piano piano indagando di avere degli interlocutori più vividi di un semplice oggetto di scena, e meno psicologici di un’ulteriore figura con cui interfacciarsi. Considero le opere de Gli Impresari come animali: sono vive, hanno una luce, un respiro e una dinamica che le rende simili ai draghi, alle figure mitiche dell’inconscio collettivo o alle grandi bestie che abitano questa terra. E al contempo sono di legno, metallo, marmo e stoffa, la loro semplicità mi commuove, vedere i miei compagni animarle e giocare con loro definisce il carattere dei personaggi che sono emersi più di qualsiasi scrittura a priori.
Il lungo lavoro di osservazione dei miei compagni (iniziato ancora prima di invitarli in questa avventura) e l’immensa evoluzione che, fidandosi tra loro, hanno attraversato, mi ha permesso di scorgere pian piano un orizzonte entro il quale il progetto pedagogico andava esaurendosi a favore di un diverso viaggio, quello di un sempre più chiaro disegno drammaturgico. Allora era agosto, e non sapevo che piega avrebbe preso questa rivolta. Luana Giardino, videomaker del progetto, è stata un’altra figura in questo contesto chiave: ci ha portato uno sguardo esterno capace di catturare e restituire i vari volti del processo, dal training alla composizione delle scene. Il nostro occhio era inevitabilmente inibito, abitando da tanto tempo la pancia del vascello ci era sfuggito il suo aspetto esterno, il mare tutto intorno, e se fuori ci fosse una terra da esplorare, da raccontare, oppure no. Michele Mazzocchi in questo senso è stato preziosissimo: contrabbassista e compagno musicista sulla soglia della scena ci ha offerto, oltre che la sua sensibilità musicale, un ponte prezioso tra quel “fuori” (custodito da Luana) e quel “dentro”, abitato profondamente dai miei compagni. Di più: ci ha portato il linguaggio della musica dal vivo, collocato nel preciso luogo della soglia, a un passo dallo spazio entro cui si muovono i corpi in scena.
E di nuovo la fatica che il viaggio porta con sé. Per citare ciò che dicevano i miei maestri in un manifesto Valdoca del 2013: «della nostra fatica ci siamo qualche volta pentiti, ma più spesso ne siamo stati orgogliosi». Nel concreto, la fatica è stata in termini di economie, fondamentalmente energetiche, ma anche organizzative e monetarie. OUTIS – Viaggio per Mare è stato realizzato a mie spese, anche se i compagni hanno contribuito con una quota simbolica di 25 euro a testa a tappa. Questo è stato possibile perché avevo messo da parte un mio risparmio, dedicato a OUTIS, pronto per essere investito a fondo perduto; l’avevo inteso come parte del mio invito al progetto pedagogico, dedicato a chi lo percorreva con me. Mi sembrava giusto, essendo che marcavo io stessa l’avvio di questa traversata e che ne tenevo il timone. Ho potuto sostenere questa decisione fino ad Ascoli Piceno, penultima tappa del progetto pedagogico. Per l’ultima, come sai, è stato necessario un crowdfunding.
Il passaggio che Ascoli ha sancito si è concretizzato in maniera evidente tre mesi dopo in Puglia, nel luogo che Cesare Ronconi aveva individuato per noi, il Castello Baronale De Gualtieris: la nostra ultima residenza, Ritorno a Casa, nell’ottobre del 2019. Qui abbiamo quasi interamente sospeso la ricerca a favore di una concretizzazione delle scene raccolte nell’anno trascorso insieme, inevitabilmente sono emersi dei quadri, e ciascuno di essi era legato all’altro da un’evidente complementarità stilistica, poetica ed emotiva; la struttura invece era solo in parte deducibile e, in buona sostanza, tutta da scrivere. Questo compendio di finestre, elementi più o meno espliciti nel loro raccontarsi, ha costituito la restituzione pubblica che abbiamo fatto alla fine della residenza pugliese, con la quale ho sentito con chiarezza che il progetto pedagogico di OUTIS – Viaggio per Mare aveva concluso il suo cammino.
È stato solo a dicembre 2019, quando ci siamo tutti riuniti a Firenze a un passo da Capodanno, che abbiamo deciso di aprire la prima pagina di un nuovo libro, fratello o forse figlio del precedente, e dunque iniziare a scrivere il nostro spettacolo. Questo desiderio ha chiaramente stravolto il gioco di scambio agile dei ruoli che abbiamo perpetuato durante il percorso pedagogico, all’oggi questi ruoli richiedono una chiarezza che prima ci siamo permessi di sacrificare a favore dello scambio e dell’ascoltarsi, dello scoprire insieme. Si è rivelata fondamentale (già da Ascoli, in realtà) la figura dell’assistente alla regia. Passo dopo passo poi stanno subentrando le figure necessarie alla realizzazione di uno spettacolo, dalla scenografia al disegno luci. C’è stato un massiccio lavoro di drammaturgia orchestrato tra me, Stefania Ventura (mia assistente alla regia) e Giuditta Di Meo, la quale, oltre che attrice, è stata colei che ha scritto le parole pronunciate dai compagni nella restituzione finale che abbiamo fatto in Puglia. Molte di esse sono ancora anima forte del nuovo testo.
Il passaggio dal progetto pedagogico al processo dedicato alla realizzazione dello spettacolo, come vedi, è stato progressivo e, in qualche modo, inesorabile. Gestirlo a distanza è stato difficile, basti pensare che ci siamo detti di continuare nella direzione di uno spettacolo, insieme, a dicembre 2019. Ho fatto in tempo a fare una sola residenza individuale con Daniele, per sviluppare il suo personaggio, ed è scoppiata la pandemia. Le successive residenze individuali sono state tutte via Zoom: una follia, eppure da questi confronti sono nati moltissimi punti fermi che hanno aiutato profondamente il processo di scrittura, a vivificare il lavoro e, semplicemente, a farci tornare a riflettere sul materiale raccolto da un nuovo punto di vista.
Questa è stata la nostra pandemia. Siamo persone che credono al teatro come essenza viva, per i vivi, dal vivo. Ma il tener vivo, a volte, deve accadere per strumenti inaspettati. Pur scalcianti, abbiamo cercato strade possibili. È lì che sono nati “gli appuntamenti del giovedì” sui social media, dove è anche iniziato il nostro dialogo su questa avventura teatrale. Doni inattesi, hai visto?
Questo nuovo OUTIS si fonda sul cammino fino ad ora percorso e ha una scrittura su cui cuciremo pazientemente le prove che iniziano or ora, tra pochi giorni. Abbiamo una mappa di drammaturgia, gli elementi alchemici che compongono la nostra sintesi oramai scritti nel corpo, le dinamiche fisiche tra le diverse entità in scena, e le nostre forze, abbiamo. A volte sentiamo la fatica curvarci le spalle, ma siamo pronti a respirare e a lanciare nell’aria le voci, finché quelle continuano a risuonare, sento che niente è impossibile.

Elena

NOTE

  1. Successiva a queste lettere è l’esperienza con Ravenna Teatro, che a dicembre 2020 ha destinato l’intero importo dei suoi fondi di emergenza ad alcuni artisti, residenze e spazi di ricerca. Il gruppo, ora sotto il nome di teatroINfolle, dal 22 al 28 febbraio 2021 ha avuto l’opportunità di concretizzare sul palco del Teatro Rasi le scene del suo spettacolo.
  2. Le prime quattro tappe del progetto sono state fatte a Venezia nel 2018, ma quelle documentate dai video sono solo le tappe V, e VI che, insieme a uno studio su un personaggio, Caledonia, sono disponibili sulla piattaforma Vimeo di Luana Giardino, la videomaker del progetto.

     

    Davide Arena, Castello Baronale De Gualtieris (Lecce), ottobre, 2019. Foto di Roberta Tocco.