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Premio ANCT per Chiamata pubblica

Ermanna Montanari e Marco Martinelli hanno ricevuto il premio dell’Associazione Nazionale dei critici di Teatro per il progetto Chiamata pubblica per La Divina CommediaIeri, lunedì 14 novembre, si è tenuta al Teatro Nuovo di Napoli la cerimonia di consegna dei premi ANCT (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro).

Ermanna Montanari e Marco Martinelli in una foto di Marco Caselli Nirmal durante Purgatorio

I due fondatori e direttori artistici del Teatro delle AlbeErmanna Montanari e Marco Martinelli – hanno ideato il Cantiere Dante, nel 2017, progetto che ha coinvolto migliaia di cittadini e cittadine di Ravenna, ma non solo, accanto agli attori e alle attrici della compagnia.

Un lavoro di scavo e approfondimento intorno a Dante, in occasione dei sette secoli della sua morte, che è stato scandito dalla musica di Luigi Ceccarelli, che si è avvalso delle scene e dei costumi degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Brera Milano – Scuola di Scenografia e Costume – guidati da Edoardo Sanchi e Paola Giorgi, delle luci di Francesco Catacchio e Fabio Sajiz e del suound design di Marco Olivieri.

Una reale e palpitante “messa in vita” della Commedia dantesca, che si è conclusa nel 2022 (un anno dopo, causa interruzioni pandemiche) con la realizzazione di Paradiso, ogni volta a partire dal luogo simbolo, il tempietto dove il poeta è sepolto a fianco della Basilica di San Francesco, dove si sono celebrati i funerali del sommo poeta nel 1321.

Il premio al progettoproduzione di Ravenna Festival, con il sostegno del Comune di Ravenna e della Regione Emilia-Romagna, e di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 per Purgatorio – valorizza quindi un lungo lavoro di tessitura di rapporti locali, nazionali e internazionali, che vedono in Ravenna il proprio punto di partenza.

Caratteristica del progetto, forte di una mescolanza tra alto e basso, tra la sacra rappresentazione medievale e il “teatro di massa” di Majakovskij, è quella di calare lo spettatore nei panni di Dante e di rendere protagonista la sostanza corale, insieme spirituale e politica, del teatro.

Da questa creazione sono nati altri progetti nel segno del sommo poeta, tra cui Dante nei cinque continenti, sostenuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Istituto italiano di Cultura di Buenos Aires e di New York, che ha debuttato nel mese di ottobre al Teatro San Martín/Complejo Teatral di Buenos Aires, uno tra i più importanti e iconici teatri della capitale argentina.

“Le mie più sincere congratulazioni a Marco Martinelli ed Ermanna Montanari per questo importante e meritato riconoscimento che ci riempie di orgoglio e soddisfazione – è il commento del sindaco di Ravenna, Michele De Pascale -. Questo premio coglie l’assoluta straordinarietà dell’esperienza Chiamata Pubblica per La Divina Commedia che ha rappresentato molto più di una bellissima opera teatrale. È stata la dimostrazione concreta di una comunità capace di unire le proprie energie per dare vita a una meravigliosa avventura collettiva di cui ci siamo sentiti tutti e tutte protagonisti. L’arte di Ermanna Montanari e Marco Martinelli ha saputo raccogliere i versi del Poeta per esaltarne il legame con la contemporaneità, in una profonda connessione con lo spirito della Divina Commedia. Ancora una volta il Teatro delle Albe porta il nome di Ravenna nelle eccellenze nazionali e internazionali della produzione teatrale contemporanea”.

Ravenna Festival, che ha fortemente voluto questo straordinario progetto di Ermanna Montanari e Marco Martinelli, non può che essere molto felice ed orgoglioso per questo ulteriore riconoscimento al ‘Cantiere Dante’– osservano congiuntamente il sovrintendente Antonio De Rosa e il direttore artistico Franco Masotti -. Se la Divina Commedia è stata ‘messa in vita’ dal Teatro delle Albe e da tutti coloro che hanno così sapientemente e generosamente collaborato, anche la città stessa è tornata a vivere, nel suo festival, dopo il lungo silenzio provocato dalla pandemia, con un Paradiso tripudiante, luminoso e catartico. Ora Ravenna può dirsi ancora più di prima la città di Dante, la città della Commedia che si è fatta palcoscenico rendendo i suoi cittadini protagonisti di un grande affresco teatrale che ricorderemo a lungo”.

“Marco Martinelli e Ermanna Montanari – scrive Giulio Baffi, presidente ANCT, nella motivazione del Premio – sono i costruttori infaticabili di questa cattedrale dello spirito, sono gli artigiani al servizio della parola del poeta, sono gli architetti che hanno deciso di sfidare il cielo, di erigere questa loro cattedrale nel segno di un’urgenza: ridare corpo alla comunità attraverso la poesia. È infatti la vita, il suo flusso energetico, che Martinelli, Montanari e il Teatro delle Albe vanno cercando, sempre e comunque, con l’obiettivo, da rabdomanti della bellezza, di scoprire il fuoco nascosto di un’umanità che ha la potenzialità di essere connessa all’universale, di darsi per trasformare il mondo, renderlo migliore nell’attenzione dell’altro, nel contatto con l’altro”.

 

Breve cronologia dei premi ricevuti nel corso delle Chiamate pubbliche:

INFERNO – PURGATORIO  – PARADISO (2017 < 2022) 

La consegna dei premi della critica, manifestazione con cui l’Associazione nazionale dei critici di teatro segnala ogni anno gli spettacoli, i personaggi e le iniziative di particolare importanza registrate nella stagione precedente, si è tenuta quest’anno nel capoluogo campano lo scorso 14 novembre ed è stata ospitata dal Teatro Pubblico Campano nello storico Teatro Nuovo di Napoli.

Per INFERNO, Marco Martinelli e Ermanna Montanari hanno ricevuto altri prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali: Premio Ubu 2017 (“miglior progetto curatoriale”); Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro-ANCT; Lauro Dantesco ad honorem e Premio Culturale della VDIG-Vereinigung Deutsch-Italienischer Kultur-Gesellschaften.

Per fedeli d’amore: Premio Ubu 2018 “miglior attrice” a Ermanna Montanari

Per PURGATORIO al Teatro delle Albe è stato assegnato il PREMIO AWARDS 2019 PER LA CULTURA dall’Ordine dei Dottori e degli Esperti Contabili di Ravenna per avere restituito ai cittadini di Ravenna l’opera del sommo poeta in chiave corale.

Una Chiamata Pubblica lunga sei anni

Un percorso lungo sei anni, mai sperimentato prima, che ha reso protagonisti migliaia di cittadine e cittadini accomunati dalla curiosità e dalla voglia di mettersi in gioco. Chiamata Pubblica è stata tutto questo: persone di età diversa, con attività differenti che, per dirla con le parole di un cittadino, “si sono svestiti dei propri panni per indossare quelli di un corpo unico”. “Non importa cosa tu faccia nella vita – incalza un’altra cittadina: lì eri chiamato a realizzare un progetto e non contava chi tu fossi”.

Un filo rosso si snoda tra le tante testimonianze di chi, dal 2017 ad oggi, ha “attraversato” Inferno, Purgatorio e Paradiso, ed è riassunto in alcune potenti frasi che ricorrono: “grande umiltà di Marco Martinelli e Ermanna Montanari”, “forte capacità di ascolto”, “profondo rispetto per noi semplici cittadini”, “attenzione all’altro”, “gratitudine”. E in quell’esserci ricordato da una giovane cittadina, Caterina De Lorenzo, che all’inizio di quest’avventura era in seconda elementare: “Ermanna e Marco stavano molto insieme a noi, ‘facevano’, erano partecipi dell’azione teatrale e questo è stato molto stimolante”. Il senso di appartenenza che un progetto di questo tipo sviluppa in chi vi partecipa è  tracciato da Anna Finelli, cittadina che dal Flegetonte è salita all’Empireo complice uno spettacolo frequentato dalla figlia: “Ho visto un signore tutte le sere, per quindici giorni di fila alla Tomba di Dante, durante il canto iniziale – racconta -: ancora non conosco il nome di quell’uomo, ma l’ultima sera ci siamo salutati con un abbraccio”.

 

Ivana Franchini si è avvicinata alla Chiamata nel 2017 spinta da curiosità. “Abbiamo sempre stimato Marco Martinelli e Ermanna Montanari – spiega -, ma frequentandoli tutti i giorni abbiamo potuto misurare la loro grandissima umanità: ci hanno fatto entrare nel progetto e hanno fatto in modo che lo sentissimo nostro. C’è però un aspetto che mi ha sempre colpito, fin dalla costruzione di Inferno: ogni volta che li incontravamo, ci salutavano con il nostro nome. Può sembrare normale, ma ricordo che eravamo in ottocento”. Ripensando a tutto il percorso, Franchini spiega: “Non è tanto quello che noi abbiamo dato a loro, bensì il contrario. E non parlo solo di Marco e Ermanna, ma anche di tutti gli attori, le attrici e le guide. Anche per questo, credo, abbiamo proseguito fino ad oggi. Certo, Inferno è stato incredibile. Ricordo che nel cortile improvvisammo l’Osteria del Rabbuffo: io ero nel gruppo degli Avari – Scialacquatori e abbiamo perfino creato una chat whatsapp che prendeva spunto dalle parole pronunciate da Ermanna, ‘Fatica vana’, in cui ci sentiamo ancora. Non è da tutti vivere un’esperienza del genere: io ho 67 anni, da 40 sono abbonata a teatro e da sette sono clown di corsia, ma devo dire che quanto vissuto è stato potente”. Ora, come per tanti “colleghi” e “colleghe”, lo sguardo di Franchini è rivolto a gennaio, quando toccherà al Cantiere Malagola. “Ci siamo già dati appuntamento, siamo sicuri che sarà un nuovo percorso costruito con il cuore e con l’amore per l’esserci”. 

Anche nel caso di Sabrina Sergi quello che l’ha indotta a partecipare alla Chiamata è stata semplice curiosità. “Si è trattata di un’esperienza meravigliosa, un lungo percorso di crescita dal 2017 a oggi. Non avevo mai partecipato a niente di simile: Marco e Ermanna sono state vere e proprie guide, ma ci hanno lasciato anche molta libertà espressiva e, insieme, abbiamo costruito un percorso per capire il modo più adatto per esprimere quello che avevamo dentro. Personalmente sono stata molto toccata dai racconti delle Pie in Purgatorio, perché alcuni partivano dal vissuto personale delle partecipanti, di conseguenza è stato molto intenso. Il merito di questo cammino è anche stato quello di averci riportato a studiare Dante per conto nostro. E il fatto che venisse riconosciuta tanta importanza a noi profani credo sia stato un elemento fondamentale, che ci ha accresciuto nella responsabilità. Ora aspettiamo con ansia nuovi progetti”. 

Barbara Brusoni si è invece avvicinata alla Chiamata “perchè il teatro è sempre stata la mia passione. Era emozionante poter far parte del progetto, anche se ero consapevole di essere una goccia nel mare, ma era interessante vedere da vicino come nasce un’opera teatrale. Marco Martinelli è dotato di una grande forza che ti fa sentire importante anche se in scena ci stai per pochi minuti. Ti dedica tempo. Ti fa sentire parte di questo meccanismo”. Nella vita Brusoni lavora con i computer e nell’Inferno vestiva i panni di un’usuraia in mezzo a video spenti e a cassetti vuoti, condannata a ripetere, invano, la stessa parola. “Da allora ho continuato a partecipare e a sentirmi parte di quadro che si muove. L’impegno è stato costante per mesi: nulla è rimasto al caso, dai vestiti, scelti con cura dalle costumiste, allo smalto, a cui ho dovuto rinunciare. Dietro a due ore in scena ci sono tre mesi di lavoro intenso, oltre a quello che è servito per l’ideazione. E le domande, quelle che avete sentito in Paradiso, sono partite davvero da noi: Alessandro Renda e Marco Martinelli non hanno fatto altro che aggiustarle in poetica e sintassi. Ognuno si è guardato dentro e ha attinto alla propria esperienza personale”. 

 

Anna Finelli si definisce “Troppo vecchia per la non-scuola, ma conoscevo Le Albe tramite mia figlia, che aveva preso parte allo spettacolo Pinocchio”. Quando uscì la Chiamata, Finelli aderì immediatamente. “L’idea di una città intera che si mette in marcia per un progetto corale mi sembrò geniale. Il primo aspetto, quello che mi spinse, fu il voler dare il mio contributo: volevo ‘mettermi a servizio’ e solo dopo ho riflettuto sul fatto che avrei calcato un palcoscenico. Per fortuna ci si arriva per gradi, non è che uno che non ha mai fatto niente si trovi d’un tratto a recitare l’Otello. In Inferno la preparazione è stata lenta, ricordo che Marco introdusse dettagliatamente i cori e questo tempo permise di imparare a fidarsi e dire: ‘mi metto nelle loro mani, andrà bene’. Ecco, penso sia stato questo il filo conduttore che ha legato tutti noi. Credo che Inferno sia stato il più entusiasmante perché  è stato il primo. Purgatorio è stato un bellissimo spettacolo in sé, ma per noi che lo abbiamo vissuto è stato meno coinvolgente proprio per com’era strutturato, in quanto c’era una minore partecipazione di massa. Paradiso è andato in scena quasi subito, ma è riuscito a creare legami potenti ed è stata la chiusura di un bellissimo cerchio. In generale, devo dire che l’esperienza nata nel 2017 mi ha insegnato come, con un minimo sforzo da parte di tutti, si sia potuto fare moltissimo indipendentemente da chi siamo. Un altro aspetto importante è stato quello di avermi portato ad amare Dante, di cui avevo un ricordo scolastico non proprio affettuoso. Ora, invece, partecipo alle letture perpetue e con un’amica ci siamo prefissate di leggere tutti i canti. Infine, proprio grazie al cammino intrapreso dalle Albe, ho spinto colleghe mosaiciste a realizzare opere dedicate alla trilogia dantesca: per Inferno e Purgatorio, Cna nazionale ha realizzato un documentario che è stato in mostra a Firenze per ben due volte e che oggi è a Roma, mentre in ottobre presenteremo l’opera completa qui a Ravenna. Oggi, insieme a queste colleghe, lavoriamo anche su altri progetti e anche questo è stato un merito che va attribuito alla Chiamata Pubblica. Non vedo l’ora che sia gennaio per frequentare il Cantiere Malagola”.

Quando l’esperienza è partita, nel 2017, Marco Turchetti era consigliere del Comune di Ravenna. “Mi avvicinai al progetto in virtù della carica che ricoprivo: sei anni fa facevo parte del consiglio comunale e quando arrivò il progetto sono stato uno di quelli che più entusiasticamente lo ha portato avanti. Ho sempre creduto nel lavoro di Martinelli e mi ci sono ‘buttato’ subito con entusiasmo. Faccio l’architetto e ho partecipato a progetti di urbanistica aperti ai cittadini, ma la frequentazione era data soprattutto da professionisti e addetti ai lavori. Qui, invece, sono stati tutti protagonisti, dai ragazzini agli anziani, e nessuno ci ha mai chiesto di chi fossimo figli o cosa facessimo nella vita. Sono state tre esperienze diverse, vissute in modo differente: la prima è stata travolgente, anche per il clima che si era creato. Forse la si ricorda come più di impatto dal punto di vista emotivo, ma anche Purgatorio non è stata da meno, e lo dico anche alla luce dell’esperienza fatta a Matera. Paradiso, infine, ha sublimato tutto, avvicinando molti a una cantica che si conosce meno”.

Roberta Fraiese è grafica pubblicitaria e si è avvicinata alla trilogia perché il figlio frequentava la non-scuola a Castiglione. “Per prima cosa posso dire che è stato bello vedere la professionalità di chi ci ha guidato, il rapporto che si è cercato di instaurare è stato funzionale a quello che si è andati a realizzare. C’è stata una bella relazione con gli altri, di tipo paritario: quando si iniziava a recitare non si era più un singolo, ma uno dei tanti che facevano quello che facevi tu. Vivevamo il fascino del teatro senza però averne la responsabilità. Era come stare dentro a un contenitore dove succedono cose magiche; non è un corso, non impari a recitare, bensì a metterti a servizio. Impari quale spazio occupare anche grazie all’energia di Marco e Ermanna, che riesce ad imbrigliare tutte le altre”.

Sara Plazzi ha conosciuto Ermanna e Marco da bambina, quando diede voce a una stellina in Nosferatu. “Ho avuto la fortuna di incontrarli tramite mio padre, tanti anni fa, e il fatto di vivere l’arte fin da piccola, di ‘respirarla’ in casa, mi ha lasciato un interesse che nel tempo ho approfondito e quando c’è stata l’opportunità della Chiamata, l’ho colta al volo. Sono entrata quindi in questo vortice nel 2017 e non mi è stato più possibile uscirne. C’è stata una cura, da parte di Marco, di Ermanna, delle guide, degli attori e delle attrici che non ci si aspetta. C’era un continuo sentirsi parte e questo è stato molto bello anche per noi profani: la loro gratitudine era palpabile, anche se eravamo noi a dover essere grati”.

“Siamo tutti volontari e se non ci divertissimo non saremmo certo qui” spiega Gianni Mazzotti, anche lui in prima linea dal 2017. “Siamo talmente entusiasti che stiamo già pensando a Cantiere Malagola, anche se personalmente ho 83 anni e quest’anno mi sono dovuto occupare esclusivamente dell’organizzazione”. Ma contribuire al buon funzionamento dello spettacolo da dietro le quinte, per Mazzotti, non è stata certo una novità. “Vengo da 25 anni di ‘militanza’ nel teatro Socjale di Piangipane, mi sono sempre adeguato a quello che c’era da fare. Durante Inferno  ho guidato un pulmino che accompagnava i ragazzi che interpretavano i soldati: erano in ramadan e quando finivano di recitare avevano una fame assurda, per questo cercavo sempre di fare il più in fretta possibile. Di sicuro Inferno è stata l’esperienza più comunitaria di tutte, dove abbiamo imparato il teatro di Marco, Ermanna, Gigio, Marcella e di tutti gli altri. Purgatorio è stato entusiasmante, Paradiso è stato forse meno aggregante, per noi, perché si era sempre in scena, ma di sicuro è stato uno spettacolo potente”.

Il debutto di Caterina De Lorenzo nella prima anta dell’opera dantesca pensata da Ermanna e Marco è avvenuto quando lei era in quarta elementare. “Ero timida – spiega – e la mamma ha pensato potesse essere una bella idea quella di farmi partecipare. In effetti mi sono ambientata subito e ho stretto molte amicizie. Per me, fin dall’inizio, è stato come entrare in una sorta di famiglia, era come se ci fosse una connessione magica che teneva insieme le persone. Successivamente ho partecipato anche a Purgatorio e a Paradiso: dalla seconda elementare frequento il coro Ludus Vocalis e quindi, oltre a recitare, ho potuto anche cantare. Spesso il coro e il teatro si mescolano ed è sempre bello partecipare con più vesti. Pur non essendo la prima volta che andavo in scena, ho scoperto una tipologia di teatro tutta nuova: Ermanna e Marco stavano molto insieme a noi, ‘facevano’, erano partecipi dell’azione teatrale fin dall’inizio, e questo è stato molto stimolante”. 

“Ho cominciato – spiega Roberto Catalano – perché ero curioso di vivere un progetto di questa portata dall’interno, anche se all’inizio non era chiaro ciò che sarebbe successo. Sono spettatore di teatro da anni, ma non ho mai studiato Dante: non nascondo di avere avuto qualche difficoltà, però poi ho apprezzato il modo in cui la regia è riuscita a far convivere attori professionisti con gli ‘animali’ che eravamo: poco a poco abbiamo imparato a stare in gruppo. È stato bello essere parte di questo spettacolo e vedere come una bambina di 5 anni e un signore di 80 si impegnassero allo stesso modo con una serietà di fondo che forse non avrebbero mai pensato di avere. Quando termina una ‘costruzione’ di questo tipo, più che la tristezza per ciò che non c’è più, rimane la bellezza di un ricordo che ha legato e che continua a legare migliaia di persone”.

Da scettica – “non pensavo si riuscisse a gestire un progetto con così tante persone” – Rosi Galanti è diventata una di quelle dello zoccolo duro, “come ci chiama Marco”, tanto che ha partecipato alla messa in scena degli spettacoli sia a Calitri che a Matera. “Mi pareva una follia, invece è stato messo insieme un progetto travolgente. In Inferno siamo stati ‘buttati’ dentro noi per primi: lì si sono creati momenti anche conviviali favoriti dagli spazi, ed era quello che ci voleva per partire. Una volta finito lo spettacolo, alcuni di noi sono anche stati a Calitri, allo Sponz Fest, e da allora ci andiamo tutti gli anni. E proprio pensando all’ideatore dello Sponz, Vinicio Capossela, ricordo che venne a vedere lo spettacolo al Rasi. Sapevamo di dover rimanere nel nostro ruolo fino a che l’ultimo degli spettatori non avesse girato l’angolo, ma lui non se ne andava più. Eravamo già nel secondo turno ed eravamo stanche, ma abbiamo mantenuto le posizioni nonostante tutto. Fu faticoso, ma molto divertente. Se penso a Purgatorio e a Paradiso posso invece dire che sono stati una crescita, in quanto a noi è stato chiesto uno sforzo in più. A parte avere avvicinato più persone a un’opera di cui si spesso si conoscono solo alcuni canti, questo progetto ha avuto il merito di far sentire tutti i partecipanti un corpo unico. E una volta iniziato è difficile tornare indietro”. 

Proprio come lo è stato per Dante, Ermanna e Marco.